Panda, Muskoka & maple syrup - 6 ottobre 2021
Mercoledì 6 ottobre 2021
Colazione strepitosa come quella di ieri ... Paolo prende un egg benedict, per un momento mi faccio tentare anch'io ma poi mi ricordo di detestare le uova mmmmolle e ripiego senza dispiacere sui pancakes anche oggi.
La passeggiata-sigaretta ci regala un brivido, la mattina è freschina, e una bellissima ragnatela glassata. Rientriamo, due chiacchiere con gli altri ospiti e con il padrone di casa che ci tenta con l'idea di una deviazione sulla Prince Edward Island parlando di vigneti, cantine e natura e squadernandoci una cartina molto interessante ... vigneti, qui? la Piccola Alcolista Veronese decide che urge verificare!
Prima tappa: Fort Henry a Kingston. C'è un nebbione molto mantovano, mi sento decisamente a casa ... qua e là dal bianco sofficione spuntano cartelli gialli che dicono HIDDEN CROSSING, e Paolo si dice preoccupato per un messaggio così inquietante. Reagisco a modo mio:
Quando entro in modalità Pennywise con Paolo al volante lo faccio a mio rischio, per fortuna la crisi convulsiva di risate passa senza danni per tutti e due :D
Dopo una mezz'ora di strada raggiungiamo il forte, in alto sulla riva opposta alla cittadina, la nebbia è quasi sparita e la vista è davvero bella.
La visita di Fort Henry supera di molto le attese. Avevamo inserito questa tappa per curiosità e per spezzare il viaggio, ma con poche aspettative, invece complice anche la giornata che si è fatta decisamente bella e calda, ci godiamo un giro pieno di scorci interessanti sulla vita di guarnigione, in tutti i suoi aspetti, tanto militari quanto quotidiani.
Sebbene non esotico come l'India, anche il Canada era una colonia della Corona britannica, e mi sono ritrovata di colpo dentro un romanzo vittoriano, forse non avventuroso come quelli di Kipling ma sicuramente affascinante. E per quanto gli ufficiali vivessero certamente meglio della truppa, non ne invidio per niente le condizioni. In giro per il forte ci sono diversi figuranti in costume, soldati, mogli, tamburini, pronti a dare spiegazioni e a rispondere alle domande, da quelle più intelligenti a "scusate, dov'è la toilette?"
Eh, è quasi Halloween :)
Qualche giorno prima di partire abbiamo prenotato diversi biglietti di ingresso, consapevoli di rischiare di non fare in tempo a vedere tutto ma anche preoccupati degli ingressi contingentati causa Covid ... meglio perdere qualche soldo che qualche esperienza, ci siamo detti, e non ci siamo pentiti neanche stavolta, anche se in alcuni siti - qui per esempio - l'affluenza è scarsa e non sarebbe stato strettamente necessario. Nell'acquistare il biglietto per Fort Henry avevamo letto di una dimostrazione sulle armi da fuoco prevista per le undici e trenta, pensavamo di sbrigare la visita in una mezz'ora e di non voler perdere tempo ad aspettare, e invece pochi minuti prima dell'orario previsto siamo ancora in giro per il forte, affascinati oltre ogni previsione, così decidiamo di assistere: spiegazioni sui diversi tipi di armi che si sono succeduti nell'utilizzo, forse più interessanti per Paolo che per me ma comunque istruttive, e poi ... BUM!
Terminata la parte balistica ci concediamo un ultimo soddisfatto giro sui bastioni prima di risalire in macchina, a mezzogiorno ormai passato.
Kingston non è grandissima, ma dovendo attraversarne il centro piuttosto trafficato veniamo gratificati da un paio di scorci interessanti :D
Chissà che mi pensavo ... ma ho poi scoperto che i The Tragically Hip sono un gruppo rock canadese, precisamente di Kingston. Insomma, poco più originale e pittoresco di una Beatles Street a Liverpool :p
Poco dopo passiamo vicini a una strana costruzione, a metà tra un castello Disney e la prigione di Blues Brothers ... una veloce occhiata alle mappe offline ci rivela che si tratta del Collins Bay Correctional Facility, tuttora in uso. Il vecchio penitenziario ha invece chiuso i battenti nel 2013 ed è ora un museo sicuramente interessantissimo, purtroppo oltre a non avere il tempo materiale di visitarlo, come moltissimi luoghi della cultura in Canada ha finito la stagione di apertura subito dopo il Labor Day e riaprirà a primavera.
Per consolarmi il mio eroe sfilando davanti al centro correzionale se ne esce con un esilarante: e vabbè, a San Francisco c'è Alcatraz, questi c'hanno AlcaTRUZ ... giudicate voi dalla mia foto rubata se abbia torto :D
A questo punto il Canada decide di far onore alla mia definizione di giovane Vecchia Inghilterra, e il meteo impazzisce, cambiando schizofrenicamente ogni manciata di chilometri, regalandoci però anche scorci melodrammatici e bellissimi. Arriviamo al traghetto per la Prince Edward quando ormai il mio delicato pancino sta latrando di fame rabbiosa (poco) repressa. Per fortuna il servizio è a ciclo continuo, con due chiatte che si danno il cambio senza mai fermarsi a sostare, e anche se abbiamo perso la prima corsa per un pelo in una manciata di minuti siamo sull'isola.
Temo di dover ammettere per l'ennesima volta che quando ho fame divento antipatica e intrattabile: per la fortuna e la salute di Paolo, subito dopo l'approdo c'è una brewery. Il locale non offre pasti caldi ma il giovane e simpatico gestore ci propone un mini tagliere di salumi locali - che chiama prosciutto e soppressata O_o - e di formaggi spagnoli, accompagnati da qualche cracker, quanto basta per rabbonirmi immediatamente. Paolo accompagna il frugale e gustoso piattino con una Maggie Wheat decisamente notevole, mentre io mi faccio tentare dal sidro della casa, che mi lascia 'mbriaga alla seconda sorsata (antenati veneti, perdonate questa discendente indegna!) ma così soddisfatta da volerne prendere un paio di dosi per i prossimi giorni :D
Nel frattempo il meteo ha di nuovo cambiato idea, e il pranzo ce lo godiamo all'esterno.
Poteva davvero andare tutto così liscio? No che non poteva ... con serafica calma usciamo dalla birreria e consultiamo il navigatore, che ci dice che sono le due e che - senza traffico - saremo a Toronto in tre ore e spicci, proprio sotto il nostro hotel. TRE ORE??? Altro che cercare una cantina che poi tanto in quarantacinque minuti siamo in città ... abbiamo sbagliato qualcosa, decisamente. In realtà avevamo previsto di fare molto più velocemente Kingston e non avevamo calcolato la deviazione su Prince Edward. Non sarebbe un gran problema se non fosse che ieri sera abbiamo prenotato e pagato la salita alla CN Tower per le sei in modo da essere su al tramonto, e che domani, unica altra sera che passeremo a Toronto, il meteo si annuncia alquanto scrondo.
Ciao Prince Edward, stamattina non sapevamo nemmeno esistessi e adesso ci manchi come può mancare un amore adolescente non vissuto, ma non possiamo restare ... chissà, magari un giorno ci rivedremo. Via di corsa, in affanno, per fortuna in senso contrario al terrificante traffico in uscita dalla città ma comunque su un'autostrada decisamente congestionata. Ci dice bene e arriviamo miracolosamente in hotel poco dopo le cinque, con un sole sfolgorante, giusto in tempo per farci chiamare un taxi e correre, chiacchierando con l'autista paki fino a destinazione.
Già, l'hotel. Toronto è cara come il fuoco, o almeno lo era quando abbiamo prenotato la stanza con un mese di anticipo al Bond, Hotel Bond: un posto senza pretese e senza wifi, ma con un costo quasi umano e una location quasi centrale. Bond che ci ha avvisati il martedì per il mercoledì successivo che ops, a ottobre l'hotel sarà chiuso, ma tranqui ragazzi, vi riproteggiamo all'altro nostro hotel (di cui non ricordo il nome e che chiameremo per comodità Zerozerosette) senza costi per voi, e vorrei anche vedere. Quando ricevo la mail siamo in treno, stiamo tornando dal triste viaggio a Verona e se non altro mi distraggo un po' nel cercare le recensioni dell'hotel Zerozerosette. Indovinate? sono atroci. Non sono dell'umore di prendere bene i contrattempi, per una volta penso mi si possa perdonare, e comunico a Paolo che fanxxxo i soldi, voglio un hotel decente. Mi metto a compulsare booking tra uno scossone e l'altro dello Spostapovery diretto a Roma Termini e mi compare - per 30 euro totali in più rispetto al Bond, Hotetl Bond - una suite nella torre del One King West. Incredula mi sfrego gli occhi, poi sfrego quelli di Paolo e confermo la prenotazione annullando senza rimorso il Bond, Hotel Bond e suo fratello.
Quando arriviamo ci aspettiamo che ci mandino nel seminterrato della torre, visto il prezzo che paghiamo, invece siamo al ventinovesimo piano, la suite è grande come il nostro appartamento di Roma e siamo talmente in centro che se si capisse dov'è il centro di Toronto, esattamente in mezzo ci saremmo noi :D
La lussuosissima hall ci rivela che un tempo questo edificio ospitava una banca, e una maestosa scalinata scende ancora oggi al caveau, che decido seduta stante devo assolutamente visitare per bene domani.
La CN Tower ci accoglie sfolgorante di sole e di altitudine, e io comincio a maledirmi con entusiasmo mentre le mie vertigini fanno la ola e il mio povero cervellino consumato si mette a cercare una scusa credibile, per poi paralizzarsi completamente quando realizza che l'ascensore che ci porterà TROPPO in alto ha pareti e pavimento di vetro per farci gustare lo spettacolo ancora di più. Passiamo i controlli, passiamo lo shop dove cerco senza successo di nascondermi tra i pupazzi e le magliette, passiamo i bagni dove per un attimo penso di asserragliarmi con un ostaggio e arriviamo all'ascensore. Ci imbarcano con una famiglia indiana i cui sorrisini compassionevoli nella mia direzione si trasformano in fragorose risate quando prima di affondare con tutta la testa sotto la giacca di Paolo annuncio alzando le spalle: I LOVE HIM, THAT'S ALL.
Povera Pandina.
Se dicessi che è stata una brutta esperienza mentirei, ma mentirei anche se dicessi che è stata totalmente bella, quindi non dirò niente e vi lascerò bel belli a immaginare me e il mio terrore che ce ne andiamo a spasso per tutto il piano tentando di non guardare troppo giù, di convincerci che no, non sta oscillando, è solo la nostra paura, è solo un'impressione, non sta oscill ... oh caxxo sì che sta oscillando! Scatto qualche foto tremebonda e cerco di stare lontana da Paolo perché so che lui se la sta spassando e se mi vede bionda e riccia come sono diventata in questa manciata di minuti poi si preoccupa e mi porta giù senza fare tutte le foto che vorrebbe. La cosa mi riesce abbastanza bene perché quando finalmente mi trova abbracciata a un distributore di bibite intenta a imparare numero e prezzo di ciascuna lattina è passata un'ora ed è già decisamente buio, e lui ha un buon bottino nella reflex, bottino di cui lo invito a farvi omaggio.
Al buio la gita in ascensore è un po' meno traumatica, arrivo sana e psicologicamente salva, e visto che ormai si è fatta una certa ora e qui si mangia con le galline decidiamo di andare a piedi al ristorante prescelto e prenotato per stasera, la Rodney Oyster Lounge, che si trova a una mezz'oretta di strada sulla stessa Street dell'hotel, anche se a circa trecentocinquantasette isolati di distanza.
Da molto tempo scegliamo in anticipo i posti che avranno l'onore di ospitare i nostri regali fondoschiena e riempire i nostri imperiali pancini, quando sappiamo con certezza in quali località ci troveremo a ore pasti, e ormai sbagliamo di rado: questa cena, spettacolare, non ci smentisce. Dodici ostriche miste, che adoriamo, una strepitosa clam chowder (che prendo in tazza perché odio buttare la pagnotta) e delle scallop grigliate con verdure altrettanto buone. Proviamo anche due calici di bianco di Niagara, sorprendentemente piacevole, e quando la cameriera ci chiede se vogliamo il dessert chiudiamo in bellezza con "Yes, thanks, six oysters" che inspiegabilmente ci attirano grandi risate. Mah.
Torniamo in camera a goderci la nostra vista spettacolare, felici di aver deciso di rischiare e partire. Ci voleva. Toronto mi piace, sembra la sorellina tranquilla di New York, non sarà una città di quelle dove abbandoni il cuore ma ha un suo fascino discreto e insieme scintillante, pulito e vivace.
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