18 agosto 2019: Antananarivo
Domenica 18 agosto 2019
Dopo che la valigia non è arrivata, dopo che la russona ha cercato di rubarmi maritone e di uccidere una malgascina piccola piccola in coda al Litige baggage, dopo che i fari della nostra jeep non volevano saperne di accendersi in aeroporto, dopo che gli omini che ci hanno aiutato a caricare l'unica (sigh) valigia hanno estorto a Paolo una mancia scandalosa ... sono in Africa, e va tutto bene!
Il viaggio notturno per le vie di Tana mi riporta indietro di cinque anni, quando sono arrivata a Entebbe nel cuore della notte ed ho avuto un primo buissimo impatto con le strade ugandesi ... anche qui poche luci fioche, tante baracche in stridente contrasto con qualche costruzione moderna, rari fuochi accesi all'angolo delle strade, tanta gente in giro anche se sono quasi le tre, tutti a piedi o in bici.
Una mezz'oretta e arriviamo al Sakamanga Hotel: Petit ci spiega che significa Gatto blu, mi basta quello per essere felice, e poi sono troppo cotta per preoccuparmi davvero della valigia, crollo subito abbracciata al mio amato bene nel comodissimo lettone.
Al risveglio, verso le otto (orrore, non dormiamo MAI così tanto!) inizia il mesto inventario: beauty c'è - e meno male, è la prima e ultima volta che assecondo Paolo e non lo metto nel bagaglio a mano, promesso - ciabatte non ci sono (ciavate immediatamente quelle di stoffa a disposizione degli ospiti, sia lodato il Sakamanga sempre sia lodato), mutande poche, reggiseni uno, calzini insomma, pantaloni di ricambio un paio a testa, magliette tre ciascuno. Guanciale, pecorino e spaghetti dispersi, caxxo caxxo caxxo. No, non sto scherzando e non siamo impazziti ... uno dei gestori degli hotel dove alloggeremo, interpellato circa la presenza di servizio lavanderia e per consigli sull'antimalarica, ci ha risposto chiedendo se fossimo disposti a portagli a pagamento le materie prime per la carbonara. E vabbè, Paolo è abbastanza sereno sul fatto che la valigia arriverà entro oggi, io che sono al primo smarrimento ma alla quinta Africa sono meno ottimista.
Dopo una sontuosa colazione, e quando dico sontuosa intendo proprio sontuosa (viennoiserie, pane e marmellata, frutta assortita, due fette di torta, un po' di formaggio, un po' di pomodori, e che non le assaggi le patate? e i succhi di frutta non li vuoi provare TUTTI?) ci spostiamo nella corte interna accanto alla piscina a godere del clima meraviglioso che ci ha accolti, per cercare di fare il punto sulla valigia e sull'eventuale mancato recupero, per tentare invano di contattare in qualche modo Kenya Airways: chat niente, mail ignorate, telefono misteriosamente in continua caduta di linea.
Facciamo amicizia con due strani personaggi: il socievolissimo e spelato pappagallo dell'hotel si chiama Cocò, il fagiano scontroso è prontamente ribattezzato Mimì.
Puntualissimo, prima di mezzogiorno Petit ci raggiunge e ci carica immediatamente in auto in direzione Palazzo del Re, che si trova poco fuori Tana ed è Patrimonio Unesco. Lo raggiungiamo in circa un'oretta e se Paolo inizia ad assaporare la sua prima vera Africa, io assaporo la sua faccia ... siamo ben lontanti dalla Svizzera Namibiana, questo è tutto un altro mondo, e oggi ne abbiamo un primo assaggio ... strade spesso sterrate, gente accalcata ovunque, galline, pulcini, caprette che tagliano allegramente la strada ai motorini che tagliano allegramente la strada alle auto che non si preoccupano troppo di tagliare allegramente la strada ai carretti tirati a mano o dagli zebù.
Dimenticata la valigia, sono nel mio elemento, e anche Paolo se la gode, non sappiamo più dove guardare, negozi pittoreschi con quarti di bue appesi all'ammirazione del mondo, negozi improvvisati con un lenzuolo steso a terra coperto dalle merci più improbabili, dai ferodi incollati ai freni delle bici a mouse senza filo insieme a pomodori e zucchine, montagne di scarpe usate, batterie esauste ...
Lo visitiamo accompagnati da una guida locale, una signora piccolissima che parla un ottimo francese, è gentile e sorridente e rende tutto molto più interessante di quanto non lo sarebbe ai nostri occhi girando da soli.
Scopriamo con un pizzico di sconcerto che la pietra dei sacrifici nella spianata davanti al castello è ancora in uso, e che proprio pochi giorni fa ne è stato celebrato uno. Parte dei malgasci pratica l'animismo, e i riti per la fertilità sono ancora molto diffusi, benché costosissimi per un popolo la cui paga base mensile in euro non supera i 50.
Le corna degli zebù sacrificati sono ancora qui, in bella vista. Spero abbiano propiziato il buon fine di tutti i desideri che sono stati espressi quel giorno, da atea nutro un profondo rispetto per tutto quello in cui crede chi ateo non è, e sono sicura che la forza della fede possa smuovere le energie dell'Universo.
La guida ci introduce brevemente alle vite complicate e agli intrighi di corte dei re e delle regine del Madagascar, ci accompagna in un giro di ricognizione sulle mura e poi dentro la semplicissima stanza che costituiva l'alloggio del re, con il focolare, lo spazio per gli ospiti, poche suppellettili e il letto, posto a diversi metri di altezza attaccato alla parete dal sospettosissimo sovrano, che soleva salirvi per sentirsi al sicuro, arrampicandosi su un palo con le tacche scolpite a fare da gradini.
Ci spostiamo poi nella parte moderna del palazzo, arredata in stile vagamente europeo, con tapezzerie provenienti dall'Italia e mobilio francese e spagnolo.
Sul retro degli edifici riposano le tombe regali, sulle quali nessuna delle porte del Palazzo si apre, perché porterebbe male mancare di rispetto ai defunti.
Dall'alto si vede bene l'ampiezza della pietra dei sacrifici:
Facciamo anche un breve giro nel parco, e dei simpatici incontri.
E' la nostra prima visita guidata, e ci siamo dimenticati di chiedere a Petit qualche indicazione sulle mance, non abbiamo la minima idea di quanto dare per non essere offensivi in un senso o nell'altro ... la guida, gentilissima, ci dice che la mancia è rapportata alla nostra soddisfazione e non obbligatoria, ma questo non ci aiuta. Ci buttiamo con 6000 ariary, a me sembra un po' poco ma la signora non fa una piega, forse ha ragione Paolo ... comunque meglio essere preparati per il futuro!
Petit ci aspetta all'uscita, si informa sulla nostra soddisfazione e propone di avviarci all'aeroporto, tra un paio d'ore dovrebbe arrivare un volo da Nairobi e con lui, si spera, la nostra valigia.
Sono circa le due, e la sontuosa colazione è ormai un vago ricordo ... un collaudato scambio di sguardi, di quelli con cui abbiamo iniziato a comunicare dal primo istante come una coppia prossima alle nozze d'oro, persuade maritone a dedicarsi per prima cosa al nutrimento dell'amata (ma più ancora, affamata) consorte.
Petit è preso alla sprovvista, pensava fossimo "già mangiati" e non ha indirizzi sottomano, per cui ci dirigiamo tutti e tre - ma lui ci farà solo compagnia - a un ristorantino in posizione strategica lungo la scalinata che porta a Palazzo.
Per la principesca somma di 52.000 ariary compresa la mancia (poco più di dodici euro in due, sarà uno dei pranzi più cari del viaggio) gustiamo una coscia di pollo ai ferri, un piatto di ravitoto, un chilo di riso di accompagnamento, carote julienne, ananas e banane. Il ravitoto, una delle specialità della cucina malgascia, è un buonissimo stufato di maiale con germogli di manioca, lo prenderemo ancora più volte.
Approfittiamo dell'attesa per chiedere a Petit qualche indicazione sul discorso mance, e quando ci dice che se si è contenti di una guida in genere si parte dai 10.000 ariary (2.40 euro) ci vergogniamo come ladri ... ma per fortuna siamo ancora qui, e di tornare indietro per arrotondare no, non ci vergogniamo neanche un po'. Anche solo perché ho capito quasi tutto, in francese, e per la prima volta in vita mia
Ci godiamo anche un breve spettacolo, turisticissimo ma va bene così, di canti e danze tradizionali durante il pranzo.
Dopo che la valigia non è arrivata, dopo che la russona ha cercato di rubarmi maritone e di uccidere una malgascina piccola piccola in coda al Litige baggage, dopo che i fari della nostra jeep non volevano saperne di accendersi in aeroporto, dopo che gli omini che ci hanno aiutato a caricare l'unica (sigh) valigia hanno estorto a Paolo una mancia scandalosa ... sono in Africa, e va tutto bene!
Il viaggio notturno per le vie di Tana mi riporta indietro di cinque anni, quando sono arrivata a Entebbe nel cuore della notte ed ho avuto un primo buissimo impatto con le strade ugandesi ... anche qui poche luci fioche, tante baracche in stridente contrasto con qualche costruzione moderna, rari fuochi accesi all'angolo delle strade, tanta gente in giro anche se sono quasi le tre, tutti a piedi o in bici.
Una mezz'oretta e arriviamo al Sakamanga Hotel: Petit ci spiega che significa Gatto blu, mi basta quello per essere felice, e poi sono troppo cotta per preoccuparmi davvero della valigia, crollo subito abbracciata al mio amato bene nel comodissimo lettone.
Al risveglio, verso le otto (orrore, non dormiamo MAI così tanto!) inizia il mesto inventario: beauty c'è - e meno male, è la prima e ultima volta che assecondo Paolo e non lo metto nel bagaglio a mano, promesso - ciabatte non ci sono (ciavate immediatamente quelle di stoffa a disposizione degli ospiti, sia lodato il Sakamanga sempre sia lodato), mutande poche, reggiseni uno, calzini insomma, pantaloni di ricambio un paio a testa, magliette tre ciascuno. Guanciale, pecorino e spaghetti dispersi, caxxo caxxo caxxo. No, non sto scherzando e non siamo impazziti ... uno dei gestori degli hotel dove alloggeremo, interpellato circa la presenza di servizio lavanderia e per consigli sull'antimalarica, ci ha risposto chiedendo se fossimo disposti a portagli a pagamento le materie prime per la carbonara. E vabbè, Paolo è abbastanza sereno sul fatto che la valigia arriverà entro oggi, io che sono al primo smarrimento ma alla quinta Africa sono meno ottimista.
Dopo una sontuosa colazione, e quando dico sontuosa intendo proprio sontuosa (viennoiserie, pane e marmellata, frutta assortita, due fette di torta, un po' di formaggio, un po' di pomodori, e che non le assaggi le patate? e i succhi di frutta non li vuoi provare TUTTI?) ci spostiamo nella corte interna accanto alla piscina a godere del clima meraviglioso che ci ha accolti, per cercare di fare il punto sulla valigia e sull'eventuale mancato recupero, per tentare invano di contattare in qualche modo Kenya Airways: chat niente, mail ignorate, telefono misteriosamente in continua caduta di linea.
Facciamo amicizia con due strani personaggi: il socievolissimo e spelato pappagallo dell'hotel si chiama Cocò, il fagiano scontroso è prontamente ribattezzato Mimì.
Puntualissimo, prima di mezzogiorno Petit ci raggiunge e ci carica immediatamente in auto in direzione Palazzo del Re, che si trova poco fuori Tana ed è Patrimonio Unesco. Lo raggiungiamo in circa un'oretta e se Paolo inizia ad assaporare la sua prima vera Africa, io assaporo la sua faccia ... siamo ben lontanti dalla Svizzera Namibiana, questo è tutto un altro mondo, e oggi ne abbiamo un primo assaggio ... strade spesso sterrate, gente accalcata ovunque, galline, pulcini, caprette che tagliano allegramente la strada ai motorini che tagliano allegramente la strada alle auto che non si preoccupano troppo di tagliare allegramente la strada ai carretti tirati a mano o dagli zebù.
Dimenticata la valigia, sono nel mio elemento, e anche Paolo se la gode, non sappiamo più dove guardare, negozi pittoreschi con quarti di bue appesi all'ammirazione del mondo, negozi improvvisati con un lenzuolo steso a terra coperto dalle merci più improbabili, dai ferodi incollati ai freni delle bici a mouse senza filo insieme a pomodori e zucchine, montagne di scarpe usate, batterie esauste ...
Il Palazzo del Re è in alto su una collina - Tana molto più di Roma è tutta un saliscendi - e domina la capitale. E' ben diverso dai Palazzi reali cui siamo abituati in Europa, naturalmente, ma non meno affascinante.
Lo visitiamo accompagnati da una guida locale, una signora piccolissima che parla un ottimo francese, è gentile e sorridente e rende tutto molto più interessante di quanto non lo sarebbe ai nostri occhi girando da soli.
Scopriamo con un pizzico di sconcerto che la pietra dei sacrifici nella spianata davanti al castello è ancora in uso, e che proprio pochi giorni fa ne è stato celebrato uno. Parte dei malgasci pratica l'animismo, e i riti per la fertilità sono ancora molto diffusi, benché costosissimi per un popolo la cui paga base mensile in euro non supera i 50.
Le corna degli zebù sacrificati sono ancora qui, in bella vista. Spero abbiano propiziato il buon fine di tutti i desideri che sono stati espressi quel giorno, da atea nutro un profondo rispetto per tutto quello in cui crede chi ateo non è, e sono sicura che la forza della fede possa smuovere le energie dell'Universo.
La guida ci introduce brevemente alle vite complicate e agli intrighi di corte dei re e delle regine del Madagascar, ci accompagna in un giro di ricognizione sulle mura e poi dentro la semplicissima stanza che costituiva l'alloggio del re, con il focolare, lo spazio per gli ospiti, poche suppellettili e il letto, posto a diversi metri di altezza attaccato alla parete dal sospettosissimo sovrano, che soleva salirvi per sentirsi al sicuro, arrampicandosi su un palo con le tacche scolpite a fare da gradini.
Ci spostiamo poi nella parte moderna del palazzo, arredata in stile vagamente europeo, con tapezzerie provenienti dall'Italia e mobilio francese e spagnolo.
Sul retro degli edifici riposano le tombe regali, sulle quali nessuna delle porte del Palazzo si apre, perché porterebbe male mancare di rispetto ai defunti.
Dall'alto si vede bene l'ampiezza della pietra dei sacrifici:
Facciamo anche un breve giro nel parco, e dei simpatici incontri.
E' la nostra prima visita guidata, e ci siamo dimenticati di chiedere a Petit qualche indicazione sulle mance, non abbiamo la minima idea di quanto dare per non essere offensivi in un senso o nell'altro ... la guida, gentilissima, ci dice che la mancia è rapportata alla nostra soddisfazione e non obbligatoria, ma questo non ci aiuta. Ci buttiamo con 6000 ariary, a me sembra un po' poco ma la signora non fa una piega, forse ha ragione Paolo ... comunque meglio essere preparati per il futuro!
Petit ci aspetta all'uscita, si informa sulla nostra soddisfazione e propone di avviarci all'aeroporto, tra un paio d'ore dovrebbe arrivare un volo da Nairobi e con lui, si spera, la nostra valigia.
Sono circa le due, e la sontuosa colazione è ormai un vago ricordo ... un collaudato scambio di sguardi, di quelli con cui abbiamo iniziato a comunicare dal primo istante come una coppia prossima alle nozze d'oro, persuade maritone a dedicarsi per prima cosa al nutrimento dell'amata (ma più ancora, affamata) consorte.
Petit è preso alla sprovvista, pensava fossimo "già mangiati" e non ha indirizzi sottomano, per cui ci dirigiamo tutti e tre - ma lui ci farà solo compagnia - a un ristorantino in posizione strategica lungo la scalinata che porta a Palazzo.
Per la principesca somma di 52.000 ariary compresa la mancia (poco più di dodici euro in due, sarà uno dei pranzi più cari del viaggio) gustiamo una coscia di pollo ai ferri, un piatto di ravitoto, un chilo di riso di accompagnamento, carote julienne, ananas e banane. Il ravitoto, una delle specialità della cucina malgascia, è un buonissimo stufato di maiale con germogli di manioca, lo prenderemo ancora più volte.
Approfittiamo dell'attesa per chiedere a Petit qualche indicazione sul discorso mance, e quando ci dice che se si è contenti di una guida in genere si parte dai 10.000 ariary (2.40 euro) ci vergogniamo come ladri ... ma per fortuna siamo ancora qui, e di tornare indietro per arrotondare no, non ci vergogniamo neanche un po'. Anche solo perché ho capito quasi tutto, in francese, e per la prima volta in vita mia

Ci godiamo anche un breve spettacolo, turisticissimo ma va bene così, di canti e danze tradizionali durante il pranzo.
Un'oretta ancora di viaggio tra le risaie e le capanne della periferia ed eccoci di nuovo in aeroporto, dove il serafico addetto alla sorveglianza ci fa, semplicemente, passare agli arrivi e direttamente all'unico nastro consegna bagagli, dove stanno girando proprio in questo momento le valigie arrivate con il volo da Nairobi.
Ci mettiamo in prima fila a sperare, ma ... come ieri sera, siamo rapidamente delusi. Il gentilissimo addetto del Litige baggage ci consiglia di salire al primo piano e chiedere agli uffici della compagnia, dovrebbero almeno saperci dire dove si trovi la fuggitiva. Non c'è nessuno, all'ufficio accanto ci dicono di aspettare il responsabile, tra un rimpallo, un'attesa e una pipì (indovinate di chi) perdiamo un'ora inutilmente. Il buio si avvicina rapidamente, Petit decide di riportarci in albergo, vedremo domattina il da farsi.
Ceniamo al ristorante dell'hotel, che troviamo al primo piano dopo averlo cercato invano nella sala colazioni ... non una cena indimenticabile, ma nonostante il drammatico dramma del bagaglio ce la godiamo: petto d'anatra per me e spiedini misti con zebù per Paolo, e due birre piccole minuscole: 25 cl!
La storia della valigia comincia a rodere un pochino, soprattutto il fatto di non avere idea di dove sia mentre la compagnia continua ostinatamente e allegramente a ignorarci ... avevamo qualcosina nel bagaglio a mano, ma nella valigia che è arrivata ci sono solo un quarto di cose mie, un quarto di Paolo e l'altra metà è piena di vestiti per i bimbi di Suor Eni, esattamente come la valigia dispersa ... ed è quello che mi fa più rabbia e più dispiacere, sia per lei che per le persone che generosamente ce li hanno regalati.
Cerchiamo però di non farci innervosire troppo, e decidiamo che se domani mattina ancora non si saprà nulla chiederemo a Petit di portarci in un posto dove sia possibile trovare qualche maglietta anche per Paolo ... sì, perché i malgasci "grossi" sono più o meno la metà di me, figuriamoci quanto sarà facile trovare una taglia Pandone!
Ma fa niente ... siamo in Africa! Buona notte, Tana.
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