11 gennaio 2019
Venerdì 11 gennaio 2019
Anche oggi colazione del konbini in camera, per l'ultima volta: mi mancherà il briochone ciccione con l'uvetta, mi sa!
Check out, spedizione bagagli all'hotel di Kyoto, per fortuna qui parlano inglese e sembrano decisamente più svegli così la faccenda è sbrigata ben presto, rapida tappa alla stazione per mettere i borsoni in un locker e poi, incredibilmente giusto al primo colpo, autobus per il Parco della Pace: o siamo trooooooppo svegli noi, oppure ci siamo (io, Barbara, pluralis maiestatis 😀) fatti troppe pippe sulla difficoltà dell'impresa.
Dopo esserci fatti cazziare dal guardiano del parco per la sigaretta, entriamo al Museo, dove passeremo le due ore più toccanti e dolorose del viaggio. Mi sono portata la reflex, ho scattato questa prima terribile foto e poi ... siamo passati alla sala dove una televisione propone a ciclo continuo le testimonianze dei sopravvissuti. Ne sono uscita in lacrime e senza più nessuna voglia di documentare la visita.
Per favore, nessuno venga a dirmi che senza il sacrificio di Hiroshima e Nagasaki la guerra sarebbe durata di più, e tanti bravi ragazzi americani sarebbero morti e bla bla bla. Tutto vero, vero come il fatto che le vite spezzate dei civili giapponesi, il futuro distrutto dei sopravvissuti valgono altrettanto. Non c'è giustificazione o discorso ragionevole che possa togliermi l'orrore da sotto la pelle, come per i campi di concentramento, come per i bombardamenti a tappeto delle città tedesche ormai vinte, come per gli orrori perpetrati dagli eserciti di entrambe le parti sulla popolazione inerme.
Non uscire di qui provati è impossibile, riprendere fiato è difficile, e quando ti sembra di esserci riuscito ecco che ti arriva l'altra mazzata, lo scheletro del Genbaku Dome, unico edificio rimasto in piedi nella zona dove la bomba è esplosa quel lontano 6 agosto. Te lo ricordi sul sussidiario delle elementari, ti ricordi che lo avevi trovato quasi bello, ti ricordi che non avevi capito bene neanche quando lo hai ritrovato sul libro di storia delle medie, ripensi alla tua maestra che aveva cercato di spiegarti senza straziarti, e un sorriso piccolo piccolo torna fuori. Ti dici che speri sul serio in un vero MAI PIU', ti dici che i tuoi nipotini meritano un mondo migliore di quello che hanno trovato, ti dici che l'uomo forse non imparerà mai, ma non importa ... c'è sempre una speranza. Me lo dice questa città rinata dalle sue ceneri nel giro di poco, il lavoro incredibile, la forza di volontà che ci sono dietro, per rimetterla in piedi il prima possibile.
Il tempo malinconico ben si accompagna ai nostri pensieri ed ai nostri silenzi, ma per fortuna qualcosa di molto, molto umano mi riporta sulla terra: ho fame e mi scappa la pipì, insensibile che sono 😜
Decidiamo di tornare verso la stazione a piedi passando dal lungofiume per vedere se per caso il baretto di ieri sera sia aperto, e stavolta ci va di lusso: per 4600 yen ci toccano una decina di ostriche a testa, cucinate nei modi più diversi, e un bicchiere di bianco (stavolta un Trebbiano d'Abruzzo, per coerenza insisto sulla mia linea scioVINIsta 😆😆😆)
Il trenino-metro per Miyajimaguchi e poi una decina di minuti di traghetto per l'isola ci portano finalmente alla sospirata Miyajima, insieme a Shirakawago la tappa più attesa. Il cielo non ci è amico, ma non importa: al Ryoso Kawaguchi, il nostro secondo e ultimo ryokan, la stanza è pronta anche se sono solo le 14.30, quindi ci sistemiamo in questo posto meraviglioso che vale ogni centesimo, salutiamo la nostra gentilissima ospite e partiamo alla scoperta, decidendo temerariamente di rinunciare all'enorme ombrello che la signora ci offre sorridendo.

Passiamo il pomeriggio a gironzolare dalle parti del Torii forse più iconico dell'intero Giappone, visitando lo splendido Itsukushima Shrine, giocando con i cervi vagabondi, facendo mille foto - tutte uguali, devo dire 😂
Tra una gironzolata e l'altra ci rifocilliamo con due fantastiche ostricone fritte: sono o non sono la specialità locale? e vuoi o non vuoi fargli onore come si deve? 😋
Divine, semplicemente divine.
Fare mille foto tutte uguali stanca, e per riprenderci optiamo di comune, comunissimo accordo per una sosta in birreria, dove ci concediamo di esagerare: due flyer di buonissime birre locali, che ci consentono di tornare al ryokan lievemente brilli e decisamente allegri per affrontare la cena.

Cena che si rivelerà una delle più particolari e buone del viaggio. La splendida padrona di casa serve a noi e agli ospiti americani dell'altra tavolata del turno delle 19 una lunga, deliziosa teoria di salmone, sashimi, una minestra Ikea (ci porta gli ingredienti e ci spiega come fabbricarcela da soli sul fornelletto che abbiamo sul tavolo), uno strano baccalà e della buonissima carne di Hiroshima. Gran finale con sorbetto di mela, altra uscita per le foto notturne - e lì ci chiama il Gemelli per fissarmi il prericovero tra un paio di giorni, aiuto! - e poi bagno bollente al ryokan nel turno 9.20-10.10 ... così bollente che non resistiamo per tutto il tempo che ci spetta, ma che nanne poi! E' ufficiale, adoro il futon 😄
PREV <-
Anche oggi colazione del konbini in camera, per l'ultima volta: mi mancherà il briochone ciccione con l'uvetta, mi sa!
Check out, spedizione bagagli all'hotel di Kyoto, per fortuna qui parlano inglese e sembrano decisamente più svegli così la faccenda è sbrigata ben presto, rapida tappa alla stazione per mettere i borsoni in un locker e poi, incredibilmente giusto al primo colpo, autobus per il Parco della Pace: o siamo trooooooppo svegli noi, oppure ci siamo (io, Barbara, pluralis maiestatis 😀) fatti troppe pippe sulla difficoltà dell'impresa.
Dopo esserci fatti cazziare dal guardiano del parco per la sigaretta, entriamo al Museo, dove passeremo le due ore più toccanti e dolorose del viaggio. Mi sono portata la reflex, ho scattato questa prima terribile foto e poi ... siamo passati alla sala dove una televisione propone a ciclo continuo le testimonianze dei sopravvissuti. Ne sono uscita in lacrime e senza più nessuna voglia di documentare la visita.
Per favore, nessuno venga a dirmi che senza il sacrificio di Hiroshima e Nagasaki la guerra sarebbe durata di più, e tanti bravi ragazzi americani sarebbero morti e bla bla bla. Tutto vero, vero come il fatto che le vite spezzate dei civili giapponesi, il futuro distrutto dei sopravvissuti valgono altrettanto. Non c'è giustificazione o discorso ragionevole che possa togliermi l'orrore da sotto la pelle, come per i campi di concentramento, come per i bombardamenti a tappeto delle città tedesche ormai vinte, come per gli orrori perpetrati dagli eserciti di entrambe le parti sulla popolazione inerme.
Non uscire di qui provati è impossibile, riprendere fiato è difficile, e quando ti sembra di esserci riuscito ecco che ti arriva l'altra mazzata, lo scheletro del Genbaku Dome, unico edificio rimasto in piedi nella zona dove la bomba è esplosa quel lontano 6 agosto. Te lo ricordi sul sussidiario delle elementari, ti ricordi che lo avevi trovato quasi bello, ti ricordi che non avevi capito bene neanche quando lo hai ritrovato sul libro di storia delle medie, ripensi alla tua maestra che aveva cercato di spiegarti senza straziarti, e un sorriso piccolo piccolo torna fuori. Ti dici che speri sul serio in un vero MAI PIU', ti dici che i tuoi nipotini meritano un mondo migliore di quello che hanno trovato, ti dici che l'uomo forse non imparerà mai, ma non importa ... c'è sempre una speranza. Me lo dice questa città rinata dalle sue ceneri nel giro di poco, il lavoro incredibile, la forza di volontà che ci sono dietro, per rimetterla in piedi il prima possibile.
Il tempo malinconico ben si accompagna ai nostri pensieri ed ai nostri silenzi, ma per fortuna qualcosa di molto, molto umano mi riporta sulla terra: ho fame e mi scappa la pipì, insensibile che sono 😜
Decidiamo di tornare verso la stazione a piedi passando dal lungofiume per vedere se per caso il baretto di ieri sera sia aperto, e stavolta ci va di lusso: per 4600 yen ci toccano una decina di ostriche a testa, cucinate nei modi più diversi, e un bicchiere di bianco (stavolta un Trebbiano d'Abruzzo, per coerenza insisto sulla mia linea scioVINIsta 😆😆😆)
Il trenino-metro per Miyajimaguchi e poi una decina di minuti di traghetto per l'isola ci portano finalmente alla sospirata Miyajima, insieme a Shirakawago la tappa più attesa. Il cielo non ci è amico, ma non importa: al Ryoso Kawaguchi, il nostro secondo e ultimo ryokan, la stanza è pronta anche se sono solo le 14.30, quindi ci sistemiamo in questo posto meraviglioso che vale ogni centesimo, salutiamo la nostra gentilissima ospite e partiamo alla scoperta, decidendo temerariamente di rinunciare all'enorme ombrello che la signora ci offre sorridendo.

Passiamo il pomeriggio a gironzolare dalle parti del Torii forse più iconico dell'intero Giappone, visitando lo splendido Itsukushima Shrine, giocando con i cervi vagabondi, facendo mille foto - tutte uguali, devo dire 😂
Tra una gironzolata e l'altra ci rifocilliamo con due fantastiche ostricone fritte: sono o non sono la specialità locale? e vuoi o non vuoi fargli onore come si deve? 😋
Divine, semplicemente divine.
Fare mille foto tutte uguali stanca, e per riprenderci optiamo di comune, comunissimo accordo per una sosta in birreria, dove ci concediamo di esagerare: due flyer di buonissime birre locali, che ci consentono di tornare al ryokan lievemente brilli e decisamente allegri per affrontare la cena.

Cena che si rivelerà una delle più particolari e buone del viaggio. La splendida padrona di casa serve a noi e agli ospiti americani dell'altra tavolata del turno delle 19 una lunga, deliziosa teoria di salmone, sashimi, una minestra Ikea (ci porta gli ingredienti e ci spiega come fabbricarcela da soli sul fornelletto che abbiamo sul tavolo), uno strano baccalà e della buonissima carne di Hiroshima. Gran finale con sorbetto di mela, altra uscita per le foto notturne - e lì ci chiama il Gemelli per fissarmi il prericovero tra un paio di giorni, aiuto! - e poi bagno bollente al ryokan nel turno 9.20-10.10 ... così bollente che non resistiamo per tutto il tempo che ci spetta, ma che nanne poi! E' ufficiale, adoro il futon 😄
Commenti
Posta un commento