11/08/15 – Kingman - Oatman - Amboy - Los Angeles - La versione di Barbara

MARTEDI’ 11 AGOSTO 2015 – KINGMAN/LOS ANGELES

  Cita
Frase del giorno: PANDINO, ME LO COMPRI?


Prima della colazione da Mr D’z (inutile il mio tentativo di far prendere di nuovo la root beer al panda, ve lo anticipo ) , passiamo una buona mezz’ora a fotografare il murale più lungo del mondo a tema route 66, che corre lungo la parete del motel … credo che non mi stancherò di consigliarlo, ho amato questo posto: è allegro, divertente, kitsch … e poi c’è Taco-Wurstel!















Oggi mi concedo anch’io un piattino leggero: non sia mai che il mio colesterolo si offenda, vedendo il trattamento riservato a quello di Paolo! Bacon, hashbrowns e UN uovo strapazzato (lo sguardo tra lo schifato ed il compassionevole della florida camerierona non mi scalfisce. Uàn, pliz )







Di nuovo, appena fuori ci perdiamo in millemila scatti … e di nuovo mi dico che sono fortunata ad aver incontrato uno che è peggio di me. Non sono certo la figlia di McCurry, ma anche con la saponetta mi divertivo a scattare, anche se un quarto di quanto lo faccia ora, e non sempre la mia passione veniva ... ehm … apprezzata











Finita la colazione, facciamo dietro-front, ci siamo accorti di aver dimenticato la borraccia nel frigo in hotel. Per fortuna avevamo lasciato aperta la porta della stanza, siamo salvi: la reception non apre fino alle undici, e le chiavi vanno depositate nella cassetta della posta accanto alla porta di ingresso.

Ok, ora che abbiamo finito di fare casino, possiamo anche partire: direzione Oatman, con un numero enne di soste fotografiche previste ed impreviste.








Per raggiungere Oatman ci sono otto miglia di strada di montagna, strettina e tutta tornanti. E’ appena stata asfaltata, purtroppo non hanno ancora rifatto la segnaletica orizzontale, e vado un po’ in crisi … un po’ tanto, a dire il vero: resisto per cinque miglia e spicci, ma a un certo punto mi trovo a chiedermi chi me lo fa fare, e passo il volante al mio capo, che mi porta per le ultime tre miglia. Giorni fa mi sono consolata un sacco, però: leggendo il diario di @@ester70k, ho scoperto che non sono sola













Mi sono divertita come una bambina a Oatman … a parte l’aria da vecchio west che mi fa sempre impazzire, vera o finta che sia, ci metto più o meno zero secondi a innamorarmi degli asinelli, anzi dei burros. Congiura delle stelle, fato avverso, crudeltà degli dei, non lo so: tutti i negozi che vendono cibo per loro lo hanno finito. Mi sento molto calimera!

Però anche senza pappa, siamo simpatici ai quadrupedi puzzoni almeno quanto loro lo sono a noi. Mi sono innamorata di questo burrino ...



... ovviamente il mio “PANDINO, ME LO COMPRI?” rimane inascoltato per le prime dodici volte, alla tredicesima mi viene risposto di no, che mangerebbe la tappezzeria a fiori delle nostre future poltrone. A nulla vale l’obiezione che io voglio solo un divano tinta unita, il burrino resta dov’è. Mi sento ancora più calimera!








Riprendiamo la 66, guido io visto che in uscita la strada è molto diversa e nettamente più facile, e ci godiamo quello che secondo me è il tratto più bello e desolato … ad Amboy mi innamoro perdutamente: Pandino, mi compri il paesello? Anche questo mi è negato, troppo scomodo venire a passarci il week end. Calimerissima me!







Ci fermiamo per le solite centordici foto – sorpresi, eh? – e per una pausa ristoratrice al Roy’s Café … tutta la mia ammirazione al titolare che tiene vivo contro ogni buon senso questo splendido angolino di universo.





Ci sono due coppie di motociclisti di mezza età … la metà femminile del quartetto è letteralmente devastata. Il caldo e la tuta di pelle non vanno d’accordo, le signore hanno un colorito preoccupante … una delle due è stesa a terra con le gambe in alto, l’altra praticamente sdraiata su un tavolino. Sono così disperate da chiedere un passaggio in auto a due brutti ceffi come noi … e glielo daremmo volentieri, purtroppo noi puntiamo Los Angeles mentre i quattro sono diretti a Las Vegas.

Le lascio affrante e vado in bagno, un edificio sul retro piuttosto … pittoresco, dalla manutenzione altrettanto pittoresca. Mentre mi dedico a contorsioni che se mi vede il Cirque du Soleil fa di me la sua stella in un istante per evitare ragnatele, cadaveri e “cose assortite” dentro il cubicolo sento voci e risate. Esco, sorrido a due anziane signore appena arrivate e troppo fiduciosa come sempre afferro il pomello del rubinetto … STACK! e me lo ritrovo in mano. Guardo il pomello, guardo la signora in attesa, le faccio “sshhh”, rimetto a posto il pomello, ci guardiamo di nuovo … e ovviamente partono i convulsi di ridarella che mi faranno compagnia ancora per qualche miglio, mentre Silver Bullet sobbalza con me e Paolo mi guarda con compassione

Sguardo che ricambierò vittoriosa poco dopo: al Café il nostro ha visto dei bastoncini di carne secca in una sgargiante confezione, e contemplandoli estasiato mi ha comunicato che oooohhhh .... sono gli Slim Jim, ne parla sempre Stephen King nei suoi libri!

Oddio, penso io, insensibile.

Amore, ne compro uno anche per te!

Oddio, oddio! penso io, ingrata.

Quando me lo offre, con tanto amore, scopre finalmente, dopo solo un anno, che razza di stregaccia si stia tirando in casa: Pandino, sei un tesoro, grazie per il pensiero ma ha lo stesso odore dei croccantini dell’Alice, credo che lo lascerò tutto per te (sorriso da squalo mascherato da angelo)

Deluso ma non domo, assaggia la COSA e … oh, ma fa veramente schifo! e … accidenti, è pure scaduta da gennaio! e via fuori dal finestrino, ma senza la confezione di plastica, per fortuna. Bene, credo che tra questo e la root beer possiamo definitivamente attribuire a Stefano Re anche il titolo di Le Roi Gourmet (e con questo mi ritroverò single in tre ... due ... uno ... zero secondi!!! )

Toh: una zitella in più a Verona, e un coyote col cagotto in più sulla 66 dopo Amboy, e tutto per colpa di un panda

Nel frattempo ci stiamo inesorabilmente avvicinando al confine con la California e alla fine della 66 … siamo in prossimità di un passaggio a livello e Paolo mi dice che è meglio fare l’ultimo pieno in Arizona, siamo sul passaggio a livello e Paolo mi dice amore, è meglio se acceleri un pochino che sta arrivando un treno … AAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHH!!!

L’incosciente se la ride come un matto, io passo il pomeriggio a chiedermi come sia possibile che la popolazione americana intera non sia ancora stata sterminata dai passaggi a livello incustoditi, dagli Slim Jim scaduti, dallo strangolamento da root beer e dall’aria condizionata a palla ovunque. Il colpo di grazia me lo dà il cartello all’area di sosta dalle parti di Newberry Sprigs dove Paolo mi da il cambio alla guida: ecco, questa è la fine che aspetta i superstiti!






Nei nostri programmi iniziali c’era la sosta a Chino, per la visita del Planes of Fame Museum, ma la strada è lunga, ce la siamo presa comoda e il museo chiude alle 17 … a malincuore concordiamo che è meglio rimandarlo a dopodomani, anche se si tratta di fare un (bel) po’ di miglia avanti e indietro. L’avvicinamento a Los Angeles dopo tanti giorni di natura e silenzio è sicuramente d’impatto: le corsie che si moltiplicano, le macchine che le invadono, la coda interminabile che si forma verso San Bernardino per i lavori in corso e che ci tiene bloccati quasi un’ora: bentornati nel mondo

Mi sorprendo a guardarmi intorno come una bimba che fa oooooh, contando le autostrade che si incrociano su sei piani, alla vista della cappa di smog in lontananza di cui tante volte ho letto, guardando i quartieri di villette bellissime che affiancano le highways. Sono nei telefilm della mia infanzia, mi aspetto da un momento all’altro di incontrare il Tenente Colombo o una delle Charlie’s Angels. Nonostante ne abbia sentito parlare quasi solo male, Los Angeles mi incuriosisce e stavolta non parto prevenuta … ci mettiamo un bel po’, ma alla fine raggiungiamo il Motel 6 di Anaheim, a due passi da Disneyland - dove domani torneremo ancora più bambini del solito - ci sistemiamo in una enorme stanza a piano terra, anonima ma piacevole e pulita e poi via di nuovo verso Santa Monica.

Salita in macchina, uno sguardo al navigatore mi lascia attonita: me lo avevano ben detto che Los Angeles è grande ma quarantadue miglia! Pandino, sessanta chilometri per arrivare a Santa Monica? Il Pandino sogghigna soddisfatto … gli capita così di rado di potermi zittire con il mio diletto TELAVEVODETTOIO!

Il Pier è stato eletto a tappa irrinunciabile ancora prima che questo viaggio nascesse, si può dire: ci tengo tantissimo a chiudere il viaggio con Paolo qui, ho un motivo speciale, e chi ha letto il suo diario di viaggio in solitaria del gennaio 2013 probabilmente può capire perché … quelle parole, che tanto mi avevano colpito allora, quando mai avrei pensato di poter trovare un giorno la voglia di riprovarci e di uscire dal mio felicissimo zitellaggio, le risento con un sapore nuovo, qui sul molo, con lui. E’ una serata speciale per entrambi, credo di poter parlare anche per Paolo … ora sappiamo dove ci porterà quel futuro, quella lunga strada da fare.




La prima tappa, per esempio, è Bubba Gump: e dopo aver mancato clamorosamente di pochi centimetri @@emyb86 potevamo forse non fare altrettanto con @@justonething? Sempre sul pezzo noi: anche stavolta non pensiamo a scambiarci il numero di telefono, e finisce che ceniamo a qualche tavolo di distanza senza incrociarci







Dal Bubba di New York sono uscita indignatissima per il costo folle del Coronarita e ben poco consolata dallo shaker omaggio … ma ora mi sono fatta furba, pensa la tapina. E ordino una normalissima birra, senza farmi insospettire dal fatto che il prezzo non è segnato sul menu. Ci dividiamo due porzioni di sedici gamberotti cadauna con grande soddisfazione, ci dividiamo anche gli assaggi di dolce, e quando arriva il momento del conto, il mio ingenuo compare mi fa: quanto, sessanta? e io che nel frattempo ho sbirciato lo scontrino e mi sono rapidamente trasformata nella Medusa, aiutata anche dal capello selvatico, ringhio: OTTANTANOVE!

... la “normalissima birra” costa dodici dollari la pinta, mortacci loro! Usciamo brontolando, ma dopo cinque minuti stiamo, al solito, ridendo come matti per chissà cosa. Il viaggio di ritorno è lungo, e neanche la prospettiva di andare a casa di Topolino domani riesce a tenermi sveglia del tutto … povero Paolo, tutto solo alla guida accanto a una tartaruga spiaggiata che russa!



Commenti

Post più popolari