30/07/2015 - San Francisco - La versione di Barbara

GIOVEDI’ 30 LUGLIO 2015 – THE PANDAS BY THE BAY

Frase del giorno: 
… E SE SI AVVICINA QUALCUNO, MORDILO!


Eccoci al terzo e già ultimo giorno a San Francisco … ci siamo subito trovati d’accordo, un paio in più non ci sarebbero stati affatto male. Quello a cui tenevamo davvero lo avremo interamente messo in tasca entro stasera, ma ci sono tante altre cose che ci sarebbe piaciuto aggiungere: Japantown, il Chinese Historical Society of America Museum, il Golden Gate Park, Mission e Castro con i murales e la visione “alternativa” della vita, un bel tramonto sul Pacifico … bene, recupereremo il tutto durante il Seattle-San Diego di qualche anno fra











Intanto scendiamo a prendere il tram linea F per Embarcadero e ci concediamo una nebbiosa passeggiata mattutina a Ferry Building Marketplace, tra una chiacchiera, una risata ed una (ehm, facciamo un paio. Una decina. Un … un tot di, ecco) foto raggiungiamo il Fisherman’s Wharf con un altro tram, quello che è stato in servizio a Chicago – che bello leggerne la storia sui pannelli esplicativi durante il tragitto! – e lì aspettiamo l’autobus che ci porterà alla Coit Tower.








Avec de la calme, tanto apre alle 10. Calme? solo per me. Appostati sotto un enorme cartello che indica la fermata del 39, e che basterebbe a tranquillizzare un esercito circa l’aver trovato il posto giusto, Paolo smanetta freneticamente sul cellulare: non dice che passa di qui! Lo lascio agitarsi serafica finché avvisto il 39 in lontananza e posso lasciarmi andare a coccolare la frase preferita delle donne: TELAVEVODETTOIO
Dai finestrini – bello il tragitto! – vediamo la coda epocale da Mama's per la colazione, e siamo d’accordo nel ritenere che per noi non è una delle cose per cui vale la pena di perdere un’ora di visite, anche se ci sarebbe piaciuto provare. Arriviamo alla Coit giusto qualche minuto prima dell’apertura, entriamo, paghiamo, al posto del biglietto ci regalano un bellissimo timbro per preservare il quale decidiamo seduta stante di non lavarci più le mani per il resto della vita, in ascensore Paolo riesce a trovare il modo di chiacchierare con la simpaticissima signora che manovra facendola ridere per non ricordo più cosa, e in un attimo siamo su … che vista! E pazienza se il cielo non è limpidissimo (tanto più tardi si apre), me la godo come una bimba. Grazie per aver insistito, Paolo :-)















Visto che siamo atletici e la salita l’abbiamo fatta in autobus, decidiamo di scendere a piedi. Eroici, neh? E ci avviamo a prendere il cable car per Lombard Street attraversando un quartiere residenziale che come sempre è più vivo e più vero dei soliti noti, e qui ho una visione bellissima …




... diamo avvio alla serie dei “Pandino, me lo compri?” che proseguirà con lo Psicoiattolo, lo Hume Lake, l’elk che ci ha attraversato la strada al Grand Canyon, un camion dei pompieri di Los Angeles, l’Ahwanhee, un vecchietto cinese troppo carino, il Golden Gate, Paperino a Disneyland e una serie di altre cosine del genere che qualunque uomo di buon senso sarebbe felice di regalare alla sua beneamata. Ci credereste? manco una, me ne ha comprata. Sempre la scusa pronta: e il Golden Gate in salotto non ci sta, e il cervo fa la cacca, e Paperino mangia troppo, e per il camion dei pompieri non ho posto in garage … uffa!!!!









Sul cable car, Paolo chiede: ferma qui per Lombard Street? E il pittoresco, nerissimo, allegrissimo conducente, scatenando l’ilarità di tutti i passeggeri: no, you jump! E insomma, jumpa jumpa scendiamo a un passo dalla sommità della most crooked street in the world. Sapete una cosa? di un uomo che mi fa fare tutte le salite in autobus mi potrei persino innamorare … che piacere inverecondo scendere leggiadra – vabbé, quasi - dedicando il mio miglior sorriso da stregatta a tutti gli ansimanti giappi (e non, sono democratica e sorrido a tutti, io) che scalano la collina da chilometri e chilometri più in giù fermandosi a sputare l’anima e farsi un selfie ogni tre rantoli.


Ovviamente non possiamo resistere allo scatto in posa da giapponese scema











e siamo ancora in preda all’ilarità fotografica quando negli occhi di Paolo si accende una scintilla luciferina: ha adocchiato gli adesivi sul cartello all’altezza dell’imbocco della prima curva e … ci starebbe proprio bene uno di queli che abbiamo preparato per le valigie, non credi? ci starebbe bene sì, che peccato averlo lasciato nel travelbook in hotel. Si, ma domattina non abbiamo deciso di fare la Lombard anche in macchina, prima di lasciare San Francisco?
























Così ce la scendiamo tutta ridendo di noi stessi e del piacere di essere scemi, come mai ci siamo potuti permettere prima. I giappi sono così tanti che non potremmo eliminarli dalle foto neanche con superfotosciop, così per consolarmi mi dedico coscienziosamente a far incazzare il poliziotto di corvée all’incrocio, incaricato di tenere sotto controllo i turisti deficienti che si mettono a scattare in mezzo alla strada perpendicolare, piuttosto trafficata: presente!













Coronato con successo il difficile intento, decidiamo di puntare a North Beach per il Jazz Mural e al vicinissimo City Lights Bookstore, e San Panda delle Pigrotte mi carica sul 30 per ben tre fermate. Ok, sarebbe in piano, ma facciamo finta di no














Il Jazz Mural l’ho adocchiato mesi fa, quando leggevo tutto quello che mi passava sottomano per fare amicizia con la città, è all’incrocio tra la Colombo e la Broadway e a due passi dalla libreria dei miei sogni, così entrambi sono finiti direttamente nel piano A. E nessuno dei due mi ha delusa, davanti al primo ci siamo scatenati con le foto e nella seconda abbiamo trascorso una buona mezz’ora piacevolissima … anzi, io ero proprio in estasi.

Amo questo posto già dal nome, ispirato al film di Chaplin, poi per le suggestioni che evoca – Ferlinghetti, la Beat Generation, Keroauc, Ginsberg che pure non amo particolarmente ma che sicuramente esercitano un bel fascino sulla mia immaginazione – e infine per la varietà delle pubblicazioni, per le frasi di ispirazione sparse per le sale, per quel fantastico “prendi una sedia e leggi” che mi fanno venire voglia di prendere la residenza qui. Ce ne usciamo piacevolmente colpiti dall’aver trovato anche vari Pasolini (che da leggere è pesaaaaaante, ma è pur sempre aria ed orgoglio di casa) tradotti o con testo a fronte, e con sottobraccio Animal Farm edizione del centenario (della nascita ovviamente, non della pubblicazione), acquisto di Paolo che finirà nella nostra libreria comune, amo Orwell ed è bellissimo avere una copia del mio preferito comprata qui.




















Nel frattempo sto tirando la manica a Paolo da almeno un’ora, perché io CI HO FAME e quando ci ho fame divento insopportabile, anche se la libreria mi ha narcotizzata per un po’ … siccome abbiamo studiato, sappiamo che basta proseguire dritti, girare a destra, attraversare un parco, girare a sinistra, gurdare in su, guardare in giù, far la giravolta, farla un’altra volta e proseguire un altro po’ per arrivare nel postaccio di oggi.


Hon Wun Tun vince la palma di miglior lurido di San Francisco, lo abbiamo scelto da mesi e se fosse stato chiuso ci saremmo rimasti malissimo. E’ così genuinamente cinese che i camerieri – duemila anni l’età media, con punte di tremiladuecento – non parlano inglese, e si fanno indicare il numero del piatto che vuoi. Menu in cinese con traduzione pittoresca, e andiamo più o meno a caso, visto che è pieno di avventori orientali palesemente non turisti cascheremo bene comunque … spero


Per andare in bagno si attraversa la cucina e si scende in magazzino affrontando un percorso che condurrebbe al suicidio qualunque ispettore dell’Istituto Igiene, la zona dei fornelli sembra l’antro di Belzebù … ci piace! accompagniamo i nostri enormi piatti di ravioli e noodles con il buonissimo the offerto dalla casa, e poi ci aggiungiamo delle palline di pesce dalla consistenza inquietante … forse temendo che facciamo fuori le scorte dei prossimi tre anni, la duemilenne cameriera ci porta il conto e ci fa capire che schnell, schnell! con una faccia così feroce da far paura a un marine.

Usciamo sazi e felici e capitiamo nel parco più cinese che abbia mai visto, siamo gli unici che non hanno gli occhi a mandorla, qui … del resto siamo in piena Chinatown e prima di andare alla ricerca della Golden Gate Fortune Cookie Factory ci perdiamo a osservare incantati l’accanimento e la concentrazione con cui un gran numero di deliziosi vecchietti gioca a quella che presumo essere una specie di dama cinese, ciascuna coppia circondata da un gruppetto di tifosi silenziosi e profondamente interessati.











Credo che la Chinatown sia stata una delle più belle sorprese che la città ha riservato ad entrambi, ci siamo persi nei vicoli e nelle strade, unici bianchi, a curiosare dappertutto, Paolo mi ha fatto assaggiare un frutto buonissimo di cui ho scordato il nome che lui conosceva dal soggiorno negli Emirati comprato in un negozio che definire folcloristico sarebbe uno sminuirlo gravemente, abbiamo sfogliato libri in cinese e pastrugnato cibi strani e sconosciuti, insomma, ce la siamo goduta un mondo fino alle quattro, quando siamo sbucati dalla Chinatown Gate in Bush Street e dopo una veloce seduta di congelamento da Starbucks ci siamo avviati alla BART direzione aeroporto.




















Fuffopanda moment




Rapido consulto con l’addetto di Alamo che ci spedisce ai totem self service, piccola lite con la macchinetta malefica che non vuole accettare il numero della patente di Paolo solo perché abbiamo sbagliato a digitarne tre quarti e poi brandendo trionfanti il nostro contratto che ha l’aspetto di un rotolino di carta igienica entriamo in garage e … improvvisamente intravvedo una specie di ola alla mia destra, dove Paolo si è di colpo illuminato come l’albero di Natale del Rockefeller center: davanti a noi, in tutta la sua maestà, la sorella argentata della Biancona!


In versione Panda Elettrico mi intima di sdraiarmi immediatamente sulla suddetta, E SE SI AVVICINA QUALCUNO, MORDILO! e va a sentire se possiamo effettivamente scegliere quello che vogliamo tra i midsize parcheggiati. Dal fatto che torna saltellando deduco che forse gli hanno detto di si, impressione che si conferma quando controllato il contachilometri si esibisce in un triplo salto carpiato urlando NOVEMIGLIAAAAA! per poi stendermi con un bacio appassionato ed entusiasta direttamente sul cofano argento. Gli manderò il conto del fisioterapista, ma intanto sono davvero felice di vederlo così entusiasta, e quando mi fa l’elenco degli optional prendo la mia espressione intelligente da quella che ha capito tutto (la mia Panda ha un volante, un cambio e tre pedali, non vado molto oltre ).


Si è fatta una certa ora, quindi ce ne torniamo in hotel a sistemare tutto per domattina in modo da partire il più presto possibile, e optiamo per il Lori’s Diner che è comodo e vicino, ed entrambi vogliamo provare. Lascio a Paolo la descrizione della parca cena, perché nel ricordarla mi è tornato l’abbiocco

Buonanotte, San Francisco!

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