11 agosto 2024 (Khama Rhino Sanctuary - Boteti River Camp)
La sveglia suona alle cinque e un quarto, perché alle sei verrà a prenderci una guida del parco per il rhino tracking. Quando abbiamo prenotato abbiamo visto che oltre a essere richiesta una decorosa forma fisica c'è un'età minima, quindici anni, e una massima, sessanta ... questo avrebbe dovuto indurci a sospettare, ma siamo gnucchi e di conseguenza da gnucchi agiamo 
Fa un freddo caino, per fortuna abbiamo i piumini e i berretti di lana di Skye, sembriamo due Nonne Abelarde, soprattutto al confronto con i tre baldi trentenni franco belgi che andiamo a raccogliere al campeggio (ma loro hanno più freddo
). Giriamo per circa un'ora in jeep, le tracce non sono mai soddisfacenti per il nostro anfitrione, anche se ogni volta che scende e rovista mi aspetto di sentirlo strillare "CACCA FRESCA, CACCA BELLA!" ... finalmente verso le sette e mezza ci fermiamo, scendiamo dal gippone e ci inoltriamo nella boscaglia.
Io lascio il piumino in auto, tanto lo so che mi scongelo in fretta e poi mi vien caldo, e poi è blu shocking, se ci hanno chiesto di vestirci color savana un motivo ci sarà, no? Paolo purtroppo decide di tenerlo, e ora non ha più un piumino 
Già, perché la boscaglia è aggressiva: blocca, tira, strappa capelli, taglia, graffia, ferisce ... soprattutto quando corri dietro a un ranger che non rispetta gli anziani! Soffriamo decisamente a lungo, perché quando avvistiamo finalmente il nostro rinocerontone bianco formato portaerei sono passate abbondantemente le otto, a fronte di una durata promessa di due ore (e chissà dove siamo, ho perso l'orientamento dopo trenta secondi di auto, figuriamoci dopo un'ora di giri sulle piste e quarantacinque minuti di corsa nella boscaglia, ci metteremo un anno a tornare
)
Il ranger lo avvicina per primo lasciandoci per qualche minuto soli su un sentiero, noi cinque ne approfittiamo per farci reciprocamente immortalare nel compimento dell'impresa e per appurare che il giovane belga è più bravo a inseguire rinoceronti che a far foto, visto che con un cellulare dal grandangolo mostruoso riesce a tagliarmi i piedi. In compenso se la cava benissimo col cielo, dai 
Il ranger torna a recuperarci e ci fa cenno di tacere e avanzare quatti quatti. Arriviamo quattissimi, vediamo un movimento, eccolo, eccol ... nuuuu, è uno gnuuuu! 
Mentre iniziamo a farci domande sul titolo di studio della nostra guida, i cenni che invitano al silenzio si fanno più imperiosi e ... eccolo, stavolta è proprio lui. Si intravvede abbastanza bene, ma fotografarlo è dura, tra il fogliame e i rami secchi.
Mamma mia, è enorme ... restiamo in contemplazione fino a quando ... GO!GO! GO! il ranger riesce a strillare sottovoce, non so come faccia ma so che persino io che son sorda afferro il concetto al volo: il nostro (poco) amico rinocerontone ci ha fiutati, e secondo lui spussiamo, perché ha lanciato uno sbuffo di avvertimento e dato inizio a una manovra di avvicinamento. Certo, è vegetariano e sicuramente buonissimo, ma le ali ai piedi ci spuntano lo stesso e in un amen siamo sul sentiero, mentre la dolce creatura, per fortuna più miope di me, ha perso il contatto visivo e anche l'interesse.
Non contenti, ci sciroppiamo anche una buona mezz'ora di camminata nella sabbia alta per tornare alla macchina, che tornando alla base scopriremo essere parcheggiata letteralmente all'ingresso del parco 
Io sopravvivo recitandomi "chiappe di marmo, chiappe di marmo" e mollo soltanto a cento metri dalla macchina (ma non sapevo che fosse così vicina) perché ormai fa un caldo fotonico e se voglio arrivare viva allo chalet devo assolutamente spogliarmi, bere e tirare il fiato trenta secondi ... vabbè, ci aspettano per circa tre minuti e arriviamo anche noi, saliamo sul gippone con un sospiro soddisfatto e Paolo fa l'inventario dei danni: piume ovunque! per fortuna siamo pieni di pandadesivi che userà come pecette per portare il piumino a fine avventura 
La giornata è iniziata benissimo: abbiamo visto un'alba stupenda, abbiamo fatto abbondante attività fisica, abbiamo praticamente stretto amicizia con un rinocerontone e abbiamo imparato una cosa fondamentale: se dopo gorilla, chimpazee, rhino compare il fatidico "tracking" la parola d'ordine è una sola: FUGGITE, SCIOCCHI! 
Devastati nel fisico, ma fierissimi nell'animo, quando arriviamo in stanza sono quasi le nove e mezza e personalmente ho un leggero appetito, potrei accontentarmi del rinoceronte tutto intero, ma Paolo insiste per preparare il caffè, il latte e passarmi un incolpevole muffin che sarà azzannato con tanta, tanta brutalità. Cerchiamo di sistemare più in fretta possibile, ma convinti di rientrare per le otto non avevamo chiuso le valigie né reso presentabile la stanza, quindi riusciamo a partire solo verso le dieci.
Ci aspettano - anzi, aspettano Paolo, mea culpa - circa quattrocento chilometri e quattro ora di guida su una strada tutta dritta e benissimo asfaltata, vivacizzata solo dalla scoperta che abbiamo perso le lenti da sole di Paolo, dall'acquisto del pranzo nel supermercato di un centro commerciale da far invidia ai nostri, da un facòcero (e lo scrivo anche con l'accento, doh!) e poco altro.
Ci fermiamo per una breve sosta davanti a un gigantesco truck da miniera di cui abbiamo letto storia e caratteristiche strada facendo sulla fantastica Bibbia di Peo, fa veramente impressione. Una volta dismesso dopo una lunga vita nelle miniere di diamanti di Orapa è stato regalato alla municipalità di Mokoboxane, che ha pensato bene di sistemarlo a bordo strada facendone una sorta di monumento. Volendo è anche possibile arrampicarcisi, basta avere quel pizzico di agilità che a noi certamente non fa difetto, ma non volendo umiliare nessuno desistiamo 
Un po' in affanno arriviamo al Boteti River Camp, il nostro alloggio per stanotte, dove abbiamo un game drive prenotato per le 15. Abbiamo appena il tempo di mangiare al volo il pane con pomodori e formaggio comprato stamattina e di ammirare il nostro bagno, e si parte.
Siamo soli con la guida, e ne siamo ben felici, sociopatia portami via. Jimmy è bravissimo, ci racconta un sacco di cose sul Makgadigadi Pan, che in lingua san significa DRY DRY. Visto che quello della foto con le zebre qui sotto è il letto del fiume Boteti, la zona più verde del Makgadigadi, penso che non abbiate bisogno di ulteriori spiegazioni 
In realtà c'è ben poco da sorridere, il letto del Boteti è asciutto da aprile 2022, ma tra un mesetto dovrebbe arrivare finalmente l'acqua, che è partita dall'Angola e incontreremo a Maun, più a nord, tra un paio di giorni, nel suo viaggio verso il pan.
Siamo partiti con aspettative basse quanto il livello del fiume, e invece ... aquile, gufi, avvoltoi, zebre a mazzetti, giraffe, gnu, marabù, kudu, elefanti, ippopotami, qualche impala, e - tristemente - due carcasse di elefanti giovani, qui rispettivamente da quattro mesi e un anno. E' il cerchio della vita, ma a noi cresciuti con i cartoni Disney fa male lo stesso.
Il colpo d'occhio sul fiume in secca dall'altura su cui ci troviamo è veramente straordinario. I locali pompano dalle profondità della terra la poca acqua che permette agli animali di sopravvivere da due anni abbondanti e qui si radunano a centinaia tutte le specie dei dintorni, uno spettacolo straordinario, una Valle dell'Eden molto dry e altrettanto commovente.
Scendiamo anche nel letto del fiume con la jeep, in modo da avvicinarci il più possibile, e un paio di elefanti ci fanno letteralmente il pelo, ma con estrema noncuranza: mi sono sentita un soprammobile quasi peggio che alle feste dei miei quindici anni 









Savanna dry e chiacchiere al tramonto: Jimmy è anche molto simpatico, oltre che veramente bravo e appassionato, e ci racconta di avere many, many, many children. Impressionata dall'impeto di quel triplice many mi azzardo a chiedergli timidamente quanti siano, aspettandomi una squadra di calcio con le riserve. Beh, ne ha ... TRE
. E ribadisce quanto siano many, tre figli. Non per la prima volta penso che questa sia una delle spiegazioni dell'evidente benessere di questo Paese: ci sono bambini in giro, sì, ma non a grappoli come spesso abbiamo visto in altre Afriche, e parlando con la gente anche nei giorni successivi ci renderemo conto che l'età media del matrimonio e del primo figlio sfiora i trenta, e che due vengono considerati molto più che sufficienti. O forse è il benessere che diminuisce il numero di figli, non ho le idee chiare. Ad ogni modo il nostro amico ci rassicura, la fabbrica è definitivamente chiusa e sono a posto così. Ci racconta anche che lavora due mesi e poi ne ha uno libero, come già ci dicevano in Namibia, che gira un po' in tutto il Paese nei Camp della stessa catena, e ci dà qualche consiglio per le zanzare e le cose da fare a Maun.
Quando Paolo gli racconta delle sue imprese namibiane con la cacca di elefante, spiegandogli che da noi pestare profumate deiezioni porta fortuna o soldi, e che dopo innumeri passaggi delle ruote su cotanta delizia all'Etosha abbiamo visto un leopardo, decide seduta stante che provare male non fa e va a pestare un bel caccone secco secco. Ce ne torniamo al lodge tra le risate, non prima di aver avvistato un gufo e di aver studiato il bignami ornitologico di Jimmy (bignami si fa per dire, saranno tre chili di tomo) per individuare quello che gli somiglia di più.







Ci accorgiamo che è l'ora di chiusura dei cancelli e allora via, velocità smodata per uscire in tempo, raggiungiamo il lodge (che figura, ci hanno preparato la camera per la notte e sistemato le zanzariere e noi oggi siamo usciti di corsa lasciandoci dietro una bomba esplosa male!), doccia al volo, arrivo a cena con dieci minuti di ritardo (arichefigura), spazzolamento di gusto di: minestra di pomodoro, stufato di manzo e funghi, zucca, insalata, dolcetto.
Finalmente possiamo smettere di inseguire il prossimo impegno, e ce ne torniamo nella nostra casetta fornita di tutto, compresi repellente, insetticida e una trombetta da suonare in caso di allarme. Il massimo però è il bagno en plein air, è bellissimo fare la doccia sotto le stelle (grazie Paolo, che mi hai mostrato la Croce del Sud e Alpha e Beta Centauri con l'emozione nella voce
)
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