20 agosto 2019: Ampefy - Antsirabe


  Martedì 20 agosto 2019


Petit vorrebbe partire alle 7, ma quando chiediamo se è possibile anticipare la colazione alle 6.30 veniamo rimbalzati con estrema gentilezza, e quindi ... Petit si adatta e si parte per le 7.30 :D








La prima tappa di oggi avrebbe dovuto essere l'ultima di ieri, ma avendo perso tempo all'inseguimento della valigia rossa abbiamo posticipato. La Chute de la Lili si trova vicino ad Ampefy e al nostro hotel, ma è un "vicino" molto relativo: dopo un breve tratto di asfalto ci aspettano cinque chilometri di sterrata tenuta malissimo, e tra una cosa e l'altra ci mettiamo quasi un'ora a raggiungere la cascata.

Petit ci dice che la guida non sarebbe necessaria, ma siccome teme dispetti contro l'auto se non la prendiamo, la pagherà lui. E ci avverte che le donne e le ragazzine della cascata sono venditrici più insistenti di quelle di ieri: non posso che confermare ;)

Ci avviamo, bellicosi e cattivi, insieme a due ragazzi del posto che alla fine siamo stati felici di avere come guide, sono simpatici, ci fanno strada, ci raccontano un po' di cose e non abbiamo niente in contrario ad aiutare l'economia: qui come per tutto il resto del viaggio nessuno mai ci ha chiesto la carità, hanno cercato sempre di venderci i più svariati beni e servizi, e i bimbi domandano bonbon (che non abbiamo mai offerto a nessuno causa mancanza assoluta di cure dentistiche, nessuno si troverà con i denti cariati a causa mia :p)

Si racconta che in epoca coloniale vivesse nel vicino villaggio di Antafofo un vazaha, uno straniero, e che avesse una bimba chiamata Lili. Un brutto giorno la piccola scomparve, fu cercata ovunque con l'aiuto di tutti gli abitanti del villaggio, ma si dovette rassegnarsi all'idea che fosse caduta nella cascata e poi trascinata via dalle acque impetuose. Il corpicino non fu mai più ritrovato, e da allora la cascata ha preso il suo nome.

Certo avremmo potuto leggercelo su qualche guida, ma ci è piaciuto di più sentircelo raccontare da un discendente di coloro che aiutarono nelle ricerche.












Siamo nella stagione secca e la cascata è al minimo dell'imponenza, ma è bella, la passeggiata piacevole, il piccolo paese molto pittoresco. C'è la possibilità di scendere fino al livello del fiume per fare foto migliori, ma il sentiero è ripido ed esposto. Io e Paolo abbiamo finalmente raggiunto un accordo: in questi casi lui va, io resto, lui non mi mette il muso e io non faccio storie per l'attesa (in realtà non le avrei fatte comunque, è una concessione che mi costa proprio poco :D)















Trovare la vazaha da cuore di burro tutta sola, alle bimbette e alle signore del villaggio non par vero, e la circondano come un nugolo di api con il senso degli affari. La vazaha dal cuore di burro ha promesso però al marito di non comprare niente prima che lui abbia contrattato all'ultimo sangue, quindi per il momento si fa soltanto ridecorare le mani come ieri da una bimbetta molto propositiva.

Quando torna il marito della vazaha, viene a sua volta assalito dalle donne che vogliono convincerlo a convincere la moglie dal cuore di burro a far girare l'economia. Il marito della vazaha, crudelissimo, contratta con tutte, dice un sacco di no, compra un paio di tartarughe e un camaleonte di pietra pomice coloratissimo e bellissimo che ora fa bella mostra su una mensola in casa vazaha, e sta per cedere alla piccola propositiva che gli offre anche un lemuretto quando interviene la vazaha dal cuore di burro che dice eh no, tu hai già avuto i tuoi soldini per decorarmi le mani.

Segue un boato di approvazione e una nuova contrattazione all'ultimo sangue, nel corso della quale la vazaha dal cuore di burro si distrae, lascia solo il marito e va a regalare una saponetta profumata all'unica bimba che non ha chiesto nè offerto nulla e la guarda con gli occhi sgranati, guadagnandosi un sorrisone felice.

Torniamo finalmente verso l'auto seguiti da un codazzo di fanciulle e meno fanciulle ridacchianti e sempre molto propositive, a un certo punto una ragazzina dice a maritone, che sta declinando tutte le offerte perchè abbiamo pomicetti ormai per un esercito, che non è molto gentile con loro. A questo punto maritone estrae la faccia da Pand Eastwood



e risponde, soavemente gelido e in perfetto francese: NON SONO MAI GENTILE CON NESSUNO. IO SONO MALVAGIO. Inspiegabilmente, tanta crudeltà sortisce l'effetto di scatenare fragorose le risate di mezzo villaggio ... a quel punto la vazaha dal cuore di burro comprerebbe altre ventordici dozzine di pomicetti, ma riesce a trattenersi, miracolosamente.












Il villaggio è poverissimo, e anche qui assistiamo a scene di vita che poi mia suocera si farà raccontare con gli occhi lucidi, perché le ricordano tanto la sua infanzia. Io risento la voce del nonno che mi racconta di quand'era bambino, vedendo le donne che lavano i panni nel fiume, che separano la pula a mano, che portano a casa l'acqua in grandi taniche pesanti. 











Lasciamo Antafofo e torniamo sulla strada asfaltata, in direzione di Antsirabe. Cominciamo a prenderci gusto nel racambiare i saluti di grandi e piccoli lungo la strada, lo faremo per tutto il viaggio e oltre: io ho sviluppato la sindrome della Regina Elisabetta e ogni mattina andando al lavoro saluto graziosamente il popolo dalla Panda :D














Dopo 50 km di asfalto tenuto malissimo, ce ne toccano 50 di sterrata, che ovviamente ci rallentano parecchio, ma i paesaggi sono talmente belli e vari, e la vita che vediamo dal finestrino talmente lontana da noi che il tempo vola ugualmente.





















Alla fine della sterrata, alla giunzione con un nuovo tratto di asfalto, ci fermiamo a pranzare in un hotely dove mangio anche meglio di ieri: costine di maiale, crescione spadellato, il solito cupolone di riso che io e Paolo chiediamo di dividerci perché detestiamo sprecare cibo, orecchie di maiale e ranon'ampango. Conto finale 11.000 ariary, ci hanno fatto lo sconto perché abbiamo preso un solo riso in due. Lasciamo 1000 di mancia e ... con 2.93 euro ci abbiamo pranzato abbondantemente in tre, abbiamo deciso di offrire il pranzo a Petit anche oggi. 

Mentre mangiamo si chiacchiera, siamo curiosi. Chiediamo se si ferma sempre in posti così con i clienti, e lui ci dice che quasi nessuno lo fa, preferiscono i posti da turisti dove fanno cucina sì tipica malgascia, ma più curata e ricercata. Io e Paolo ci troviamo d'accordo nel continuare con le tappe in hotely, a noi piace e una volta di più è un modo per far girare l'economia locale. 











Raggiunta finalmente Antsirabe nel pomeriggio, facciamo tappa prima di tutto da un artigiano che lavora le corna di zebù, e ci mostra tutto il procedimento, creando sotto i nostri occhi un cucchiaio bellissimo che infine ci regala.






















Poi ci fermiamo in un altro laboratorio, dove da materiali di recupero come lattine, vecchie cannule da flebo ormai scadute, freni di biciclette a avanzi di ogni tipo nascono bellissimi giocattoli. Anche qui vediamo costruire una biciclettina, creata con incredibile maestria.



















Anzhiché prendere un regalo per i nostri nipotini, però, ci riportiamo a casa una vespa e una bici che troneggiano ora insieme al camaleontino nella vetrina dei reperti a Villa Panda. Troppo belle per regalarle in giro :D

Passiamo anche rapidamente al laboratorio di ricamo, questo piccolo consorzio artigianale dove nascono oggetti bellissimi dà lavoro a parecchia gente.









Dopo una rapida tappa al nostro bellissimo albergo, Petit ci accompagna a piedi a fare un giro per Antsirabe. E' una città grande, un centro termale e un polo indistriale, il che non impedisce a polli e galline di aggirarsi impettiti e indisturbati per le strade cittadine :)














Il cielo è bigio e le foto non sono interessanti come vorremmo, in compenso lo è la passeggiata, è davvero piacevole immergersi nella realtà di un mondo a noi tanto alieno.















Petit ne approfitta per raccontarci un po' di storia del Madagascar e del suo lungo e spesso sanginoso cammino verso l'indipendenza.





























Dopo esserci fatti ammaliare dal fascino decadente del Grand Hotel delle Terme, ci facciamo accompagnare al supermercato da Petit.























Domani passeremo a Betafo da Suor Eni, e quindi vogliamo comprare un po' di materiale scolastico. Abbiamo scelto di non portarlo dall'Italia sia perché le valigie già scoppiavano sia per - di nuovo - far girare un po' di soldi qui. Il supermercato ci sorprende, è molto occidentale - ne vedremo rarissimi, in corso di viaggio, naturalmente - e ne approfittiamo anche per far provviste di roba sana: patatine, banane fritte, noccioline e via così. Facciamo scegliere un po' di snack anche a Petit in modo da assaggiare, insieme alle porcherie come le Pringles, anche vere porcherie malgasce.






Visto che purtroppo nessuna buona nuova ci è giunta circa la valigia, di fronte alla cattedrale cattolica più grande del Madagascar entriamo in un negozietto che vende abiti di buona qualità e prendiamo altre magliette piene di lemuri, sia per noi che per i nani.







Tornati in hotel telefoniamo a suor Eni che ci dice di essere in visita dal papà a Ambositra, ma di andare pure al convento chiedendo di Suor Nunziatina. Ci riempie di benedizioni e non la finisce più di ringraziarci, tanto che Paolo alla fine riattacca con gli occhi lucidi ... ho sposato un uomo meraviglioso, e lascio a lui l'onore di raccontarvi come e perché domani passeremo dalle salesiane di Betafo, noi due ateacci malvagi e comunisti :D


Ci facciamo accendere il fuoco in camera anche se non fa freddissimo, impossibile resistere, e poi ce ne andiamo a cena nel ristorante dell'hotel, dove investiamo quasi 34 euro nella cena più costosa dell'intero viaggio, assolutamente deliziosa: crema di pomodoro al cumino, stufato di zebù con purè, patate, carote e rape, un crumble di frutta che ancora me lo sogno e un ottimo rosso sudafricano.








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