5 gennaio 2019
Sabato 5 gennaio 2019
Primo giorno pieno a Tokyo da soli: ce ne andiamo a gironzolare ad Asakusa, che molti ritengono il vero cuore della capitale, con il Senso-ji Temple e le stradine caratteristiche che lo circondano.
Folla festiva anche qui, per la nostra gioia ci sono diverse signore e ragazze in kimono: che differenza di stile e di classe tra le due categorie! balza agli occhi persino per noi, profani assoluti, per la scelta delle stoffe, delle fantasie, della misura perfetta o meno, di come cadono i panneggi.
Gironzoliamo tra la via principale, che ospita un mercato permanente e conduce al tempio, e le stradine commerciali nei dintorni, dove facciamo i primi acquisti, tra cui un bellissimo quadro su stoffa cui prima o poi ci decideremo a dare degna sistemazione sulle pareti di casa.

A sorpresa assistiamo anche a uno spettacolo, immaginiamo un augurio di buon auspicio per l'anno nuovo ai negozianti: il gruppo musicale si ferma ed entra via via nelle varie botteghe, benissimo accolto dai titolari e ancor più dai curiosi passanti che si scatenano con macchine fotografiche e cellulari.
Allunghiamo fino a Kappabashi Dori, la via dei negozi di casalinghi. Per la nostra delusione molti sono chiusi, ma riusciamo comunque a concludere l'acquisto per cui siamo venuti fin qui, dall'altra parte del mondo: un coltellone da sushi che pare una katana, che riempie il mio amato bene di giuoiosa soddisfazione e me di tenera (come i miei cicci) apprensione. Detto coltellone sta vivendo una carriera gloriosa in quel di Roma, degnamente utilizzato tanto per gli alti scopi per cui è nato quanto per il taglio di qualsiasi cosa tagliabile nei dintorni. Non vi nascondo che da tempo ho iniziato a temere per le unghie dei gatti :p
Concluse le complicate trattative per la scelta del costoso ammennicolo, e autorizzato l'amato bene a fare lo spesone, restiamo affascinati e sedotti dalla sbalorditiva nipponica efficienza: insieme allo scontrino il negoziante ci consegna il modulo per il tax refund, e mentre stiamo per chiedergli conferma che lo stesso vada consegnato in aeroporto con il solo passaporto, ci indica il punto Tax Refund dall'altro lato della strada. Non ci credo ancora: tempo cinque minuti e ci siamo visti rimborsare in contanti e senza ulteriori adempimenti l'importo delle tasse (esiguo in modo commovente: qua le pagano tutti, e si sente, e si vede).
Torniamo a pranzare ai piedi del Senso-ji, dove abbiamo già adocchiato diversi banchi di street food, dove cediamo di nuovo ai takoyaki, più buoni di quelli di Nikko, e proviamo il primo okonomiyaki, che non ci entusiasma ... come avrebbe detto mia nonna, è uno SPOCEGOTTO. In aggiunta a un enorme e quasi insapore onigiri, ci riempiono in abbondanza, e dichiariamo chiusa la pausa pranzo per aprire il momento birra, direttamente al bar ristorante della Asahi, che con nostra gran delusione pare non essere più all'ultimo piano dell'edificio (o forse ci siamo persi e siamo finiti alla Forst: comunque la birra era buona ^^).
Quello che io ho poeticamente definito "quell'enorme stxxxzo giallo" in realtà mi dicono rappresentare la schiuma sul boccale di birra, cioè l'edificio che ospita la Asahi. Sarà, io resto della mia idea :D
Ci spostiamo a Ueno, al mercato di Ameyoko, dove ci facciamo affascinare dalla zona alimentari (strano, eh? :p), dagli enormi bento - i vassoi da fast food jappo style - a 450 yen, dai mille tipi di pesce essiccato, dai the e dalle spezie e da tante cose misteriosse che sono rimaste misteriose in tutto tranne che nel prezzo, visto che è la sola cosa che riusciamo a leggere.
Ignoriamo bellamente il resto del mercato, del resto sono la dea dello sciopping per qualcosa, e ci dirigiamo al parco, che ospita un grande lago (o almeno così mi fanno credere) e il tempio di Tosho-gu. Il lago si rivela essere una distesa di canne rinsecchite, piuttosto sporcotto, sul cui fondo si intravvede vagamente una pozza di acqua stagnante, che mi delude moltissimo. Abbandonato il progetto di farne il giro, puntiamo il tempio, cercando di fendere la folla e contemporaneamente di spogliarci un po': è gennaio, ma fa davvero caldo sotto questo sole magnifico.
Qui arriva il primo momento di incertezza: ma non l'abbiamo già vista sta pagoda? ancora non lo sappiamo, ma abbiamo appena pronunciato la frase più ripetuta di questo viaggio :D

Ci siamo accorti che ci sono delle macchie sulle foto di Paolo, e dopo un iniziale momento di panico dovuto al fatto che le solite manovre di reset non hanno sortito effetto, decidiamo che non siamo abbastanza stanchi e possiamo passare da Yadobashi Camera ad Akhiabara, sacrificando la via dei gatti a Yanaka Ginza, per comprare un kit e tentare di risolvere la situazione ... tornati in camera, Paolo riesce felicemente nell'impresa e dopo il sospiro di sollievo di prammatica possiamo dedicarci ai piaceri della carne.
Sono certa che abbiate frainteso :D
Intendevo questi piaceri e questa carne, ohibò!
Sempre ad Akhiabara, a dieci minuti a piedi dal nostro hotel, mentre aspettavo che Paolo finisse la sua meritata sigaretta in uno dei rari angoli ghetto riservati alle brutte, bruttisime persone che si ostinano nel vizio, ho adocchiato questo ristorante, o meglio ne ho adocchiato l'insegna ed il menu visto che si trova in un seminterrato, e ho scoperto il
gyukatsu, piattino leggerissimo: si tratta di manzo fritto, una specialità che sta sempre più prendendo piede in Giappone. Vi verrà servito semi crudo con una piccola piastra sulla quale, se volete, potete cuocerlo ancora, e con un paio di salse e contorni a vostra scelta, e del cavolo cappuccio già condito. Una delle cose più buone che abbia assaggiato in Giappone, secondo solo al Divino Sashimi :)
Primo giorno pieno a Tokyo da soli: ce ne andiamo a gironzolare ad Asakusa, che molti ritengono il vero cuore della capitale, con il Senso-ji Temple e le stradine caratteristiche che lo circondano.
Folla festiva anche qui, per la nostra gioia ci sono diverse signore e ragazze in kimono: che differenza di stile e di classe tra le due categorie! balza agli occhi persino per noi, profani assoluti, per la scelta delle stoffe, delle fantasie, della misura perfetta o meno, di come cadono i panneggi.
Gironzoliamo tra la via principale, che ospita un mercato permanente e conduce al tempio, e le stradine commerciali nei dintorni, dove facciamo i primi acquisti, tra cui un bellissimo quadro su stoffa cui prima o poi ci decideremo a dare degna sistemazione sulle pareti di casa.


A sorpresa assistiamo anche a uno spettacolo, immaginiamo un augurio di buon auspicio per l'anno nuovo ai negozianti: il gruppo musicale si ferma ed entra via via nelle varie botteghe, benissimo accolto dai titolari e ancor più dai curiosi passanti che si scatenano con macchine fotografiche e cellulari.
Allunghiamo fino a Kappabashi Dori, la via dei negozi di casalinghi. Per la nostra delusione molti sono chiusi, ma riusciamo comunque a concludere l'acquisto per cui siamo venuti fin qui, dall'altra parte del mondo: un coltellone da sushi che pare una katana, che riempie il mio amato bene di giuoiosa soddisfazione e me di tenera (come i miei cicci) apprensione. Detto coltellone sta vivendo una carriera gloriosa in quel di Roma, degnamente utilizzato tanto per gli alti scopi per cui è nato quanto per il taglio di qualsiasi cosa tagliabile nei dintorni. Non vi nascondo che da tempo ho iniziato a temere per le unghie dei gatti :p
Concluse le complicate trattative per la scelta del costoso ammennicolo, e autorizzato l'amato bene a fare lo spesone, restiamo affascinati e sedotti dalla sbalorditiva nipponica efficienza: insieme allo scontrino il negoziante ci consegna il modulo per il tax refund, e mentre stiamo per chiedergli conferma che lo stesso vada consegnato in aeroporto con il solo passaporto, ci indica il punto Tax Refund dall'altro lato della strada. Non ci credo ancora: tempo cinque minuti e ci siamo visti rimborsare in contanti e senza ulteriori adempimenti l'importo delle tasse (esiguo in modo commovente: qua le pagano tutti, e si sente, e si vede).
Torniamo a pranzare ai piedi del Senso-ji, dove abbiamo già adocchiato diversi banchi di street food, dove cediamo di nuovo ai takoyaki, più buoni di quelli di Nikko, e proviamo il primo okonomiyaki, che non ci entusiasma ... come avrebbe detto mia nonna, è uno SPOCEGOTTO. In aggiunta a un enorme e quasi insapore onigiri, ci riempiono in abbondanza, e dichiariamo chiusa la pausa pranzo per aprire il momento birra, direttamente al bar ristorante della Asahi, che con nostra gran delusione pare non essere più all'ultimo piano dell'edificio (o forse ci siamo persi e siamo finiti alla Forst: comunque la birra era buona ^^).
Quello che io ho poeticamente definito "quell'enorme stxxxzo giallo" in realtà mi dicono rappresentare la schiuma sul boccale di birra, cioè l'edificio che ospita la Asahi. Sarà, io resto della mia idea :D
Ci spostiamo a Ueno, al mercato di Ameyoko, dove ci facciamo affascinare dalla zona alimentari (strano, eh? :p), dagli enormi bento - i vassoi da fast food jappo style - a 450 yen, dai mille tipi di pesce essiccato, dai the e dalle spezie e da tante cose misteriosse che sono rimaste misteriose in tutto tranne che nel prezzo, visto che è la sola cosa che riusciamo a leggere.
Ignoriamo bellamente il resto del mercato, del resto sono la dea dello sciopping per qualcosa, e ci dirigiamo al parco, che ospita un grande lago (o almeno così mi fanno credere) e il tempio di Tosho-gu. Il lago si rivela essere una distesa di canne rinsecchite, piuttosto sporcotto, sul cui fondo si intravvede vagamente una pozza di acqua stagnante, che mi delude moltissimo. Abbandonato il progetto di farne il giro, puntiamo il tempio, cercando di fendere la folla e contemporaneamente di spogliarci un po': è gennaio, ma fa davvero caldo sotto questo sole magnifico.
Qui arriva il primo momento di incertezza: ma non l'abbiamo già vista sta pagoda? ancora non lo sappiamo, ma abbiamo appena pronunciato la frase più ripetuta di questo viaggio :D

Al tempio compriamo e appendiamo una tavoletta portafortuna, è appena iniziato l'anno del cinghiale e questo è un rito molto osservato, dopo aver scritto i nostri voti con un pennarello messo a disposizione ... e sono sicura che nessuno se lo porta via.
Per una serie di stradine più pittoresche di quelle viste finora in città ci dirigiamo con una lunga passeggiata al cimitero di Yanaka, che ospita anche un tempio buddista e mi mette una gran pace. Non riesco a trovare del tutto incredibile il fatto che ci siano delle case tra le tombe, e che le strade che attraversano il cimitero siano normali strade di passaggio ... la morte non sembra lo spaventoso distacco che viviamo in occidente, almeno a uno sguardo superficiale come può essere il mio. I cimiteri non hanno muri o siepi a delimitarli, semplicemente sono una continuazione dellla città.
Sono certa che abbiate frainteso :D
Intendevo questi piaceri e questa carne, ohibò!
Sempre ad Akhiabara, a dieci minuti a piedi dal nostro hotel, mentre aspettavo che Paolo finisse la sua meritata sigaretta in uno dei rari angoli ghetto riservati alle brutte, bruttisime persone che si ostinano nel vizio, ho adocchiato questo ristorante, o meglio ne ho adocchiato l'insegna ed il menu visto che si trova in un seminterrato, e ho scoperto il
gyukatsu, piattino leggerissimo: si tratta di manzo fritto, una specialità che sta sempre più prendendo piede in Giappone. Vi verrà servito semi crudo con una piccola piastra sulla quale, se volete, potete cuocerlo ancora, e con un paio di salse e contorni a vostra scelta, e del cavolo cappuccio già condito. Una delle cose più buone che abbia assaggiato in Giappone, secondo solo al Divino Sashimi :)
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