7 gennaio 2019
Ci fidiamo di google e malissimo facciamo, ma in qualche modo ne veniamo fuori vittoriosi: Pandi 1 - Japan Rail 0! Sbagliando treno una volta sola, arriviamo a Kamakura giusto in tempo per fare la seconda colazione (io purtroppo, mea culpa, sono già alla fase DATEMI UN CORNETTO FATEMI UN CAPPUCCINO, di solito reggo un po' di più ma evidentemente il Giappone stimola i miei istinti più bassi :p)
Prima tappa, il tempio Tsurugaoka. E' presto, c'è poca gente e tanta pace, è un posto bellissimo e fin dal primo sguardo mi affascina più della sgargiante, coloratissima Nikko, che ho trovato splendida ma un po' chiassosa ... il mio lato snob che emerge prepotente :)
Passiamo qui quasi due ore, visitando anche un minuscolo museo dietro il tempio, dove una gentilissima anziana signora ci attacca bottone con il suo inglese stentato e il suo sorriso dolce. Assistiamo anche ad una sorta di concerto in costume, anche se i suoni poco familiari al mio orecchio non esercitato arrivano quasi sgradevoli.
Mi ritrovo, al solito, piena di curiosità e domande sulle religioni, sulla vita dei monaci, su quella dei giapponesi in generale, è tutto talmente diverso dal mondo che conosco, anche se per certi versi gli somiglia più di quanto mi aspettassi: la tecnologia ha sepolto l'esotismo sotto uno spesso strato di cemento e di schermi di cellulare, se non fosse per gli occhi a mandorla di quasi tutti quelli che percorrono queste strade spesso potrei pensare di trovarmi in una New York leggermente più asettica, anche se manca la babele di lingue e l'arcobaleno di colori che amo tanto laggiù.
Tornando verso la stazione assaggiamo delle strane gommose polpette di pesce (bisogna pure far merenda, no?) e poi ci dirigiamo al bellissimo trenino d'epoca, che sembra uscito dai sogni di un bimbo di cent'anni fa e ci porta in pochi minuti - passando praticamente DENTRO le case del paesino - alla zona di Hase, dove ci sono il Buddha Gigante e il tempio Hasedera.
Il Buddhone, di cui mi innamoro all'istante, è magnifico, ispira pace e serenità, solenne e ieratico come qualsiasi Buddha serio dev'essere :D
Il Tempio, raggiunto dopo una breve e valorosa scarpinata, è il più bello visto fino ad oggi: non è rutilante e colorato come quelli di Nikko, è elegante e riposante. Ci piace molto anche la Grotta Originaria, piccola, tortuosa e stretta (non è un Paese per Panda!) che ha costituito il primo luogo di culto, su cui successivamente si è sviluppata tutta l'area sacra.
Conclusa la parte cultura, accorriamo al richiamo della natura, dedicandoci alla coscienziosa ricerca di un posto dove riposare le stanche membra e soprattutto rifocillarci. Individuo, a qualche distanza dal tempio, un susharo valutato 4.7 su google, e convinco abbastanza in fretta un recalcitrante Pandone a seguirmi fuori dalla zona turistica.
Arriviamo qui e dato che l'insegna spiega tutto molto chiaramente, sì, ma in giapponese :D, perdiamo cinque minuti a cercare su maps una foto dell'entrata, che poi se per caso facessero massaggi a luci rosse anziché sushi potrei diventare cattiva, perché HO FAME!
Ci arrischiamo a entrare e finiamo in un cartone animato, con mia grandissima gioia. Non ci sono altri clienti e il cuoco al bancone ci informa che "ONLY SUSHI" ... amo', per quello siamo qua. Visto che non riesce a cacciarci così, dando fondo a tutto il suo inglese ci prova con "ONLY CASH" e a quel punto ci accomodiamo, io mi lancio in perfetto giapponese con un esitante "Sashimi?" che mi conquista il suo cuore, e lo spinge a porgerci lunghi e fitti menu, in giapponese ma con ben due foto di piatti. Indovinate? quelli prendiamo :D
Ma non ci possiamo lamentare, dai ;)
Quando ci salutiamo siamo amiconi, e si lascia anche scattare una foto, avvenimento più unico che raro (infatti il suo collega, pur altrettanto simpatico, declina)
Di ritorno alla stazione, non contenti, ci prendiamo anche un buonissimo dorayaki ciascuno, artigianale e ancora caldo: Paolo ha sviluppato un'insana passione per la marmellata di azuki, fagioli dolci che sanno un po' di castagna e chi ha letto "Le ricette della signora Tokue" troverà senz'altro familiari :)
Conclusa la parte seria, lasciamo Tokyo con il botto: stasera si va al Maid Cafè!
Più che mai, entriamo in un cartone animato: le ragazzine vestine da cameriere buffe (no, non riesco a dire sexy, non lo sono nè lo scopo è quello di esserlo), il contesto caramelloso, i versetti e gli strilletti (KAWAIIIIIIII) con cui accolgono le nostre felpe con la toppa "Pandas go to Japan", il menu bambinossissimo ... all'inizio restiamo a guardarci tra lo sconcertato e lo scioccato mentre ascoltiamo le spiegazioni su come funziona, e per un momento penso che moriremo lì per l'imbarazzo ... vabbé, almeno muoio da sposa felice, mi dico ... poi però quando, scelta la consumazione, come da istruzioni Paolo chiama la nostra fanciulla agitando i pungnotti e facendo "miao miao!" ... esplodo. Mi prende un attacco di ridarola irrefrenabile, anche perché le ragazzine ci hanno messo un cerchietto con le orecchie da panda e continuano a passare strillando KAWAIIII ... insomma, mi rilasso e comincio a divertimi.
Restiamo per una ridacchiosissima mezz'ora, dicendoci che dopotutto la scemitudine è la ricetta della nostra felicità da ormai cinque anni, e alternando risate e "miao miao" alle riflessioni su questo strano mondo, tanto divertente e tuttavia un po' triste ... i maid café sono nati per aiutare i ragazzi, a volte sfigati, spesso timidissimi, ancora più spesso in difficoltà con le donne che si sono emancipate ed hanno stravolto quella che è sempre stata la figura femminile giapponese, a rapportarsi con il gentil sesso. Personalmente trovo che sia un modo artificiale e un po' stupido di affrontare il problema, queste camerierine fintamente sottomesse che li fanno sentire principi per dieci minuti - non c'è nulla di sessuale, anzi dai ragazzi soli non va mai la stessa cameriera due volte di fila per evitare anche solo la tentazione di un approccio - non li aiuteranno certamente a risolvere i loro problemi di relazione, ma da turista cinica e strxxxa posso lasciare da parte le considerazioni sociologiche per ridermela di cuore, e godermi le faccette dei bimbi presenti quando la camerierina di turno sale sul palco, prende il microfo e inizia a cantare una cosa che suona come "TEGOLINI, TEGOLINI" con una vocetta straziante quasi quanto la mia. Sì, perché la clientela è costituita in gran parte da famiglie con bimbi, gruppetti di amiche, stranieri spaesati e divertiti.
Tornati in camera per una pausa veloce, ne usciamo quasi subito per passare una piacevolissima serata con Simone, il bimbo di @pallina, che studia qui da settembre e si rivela un commensale molto interessante, oltre che simpatico, con i suoi racconti di vita quotidiana in un Paese che per ora non è riuscito a rubarci il cuore.
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