Domenica 20 maggio 2018

Domenica 20 maggio 2018

Maledetti letti separati! Fa freddino, anche se meno di quanto pensassi, e i due singoli anche se accostati ci complicano l’operazione “sposini che dormono avvinghiati”, ma in qualche modo e come sempre vinciamo noi. Sappiate poi che la pipì dell’una di notte sotto le stelle è un bellissimo ricordo! Mi sono innamorata di questo posto 💓
Alle sette abbiamo il village walk con la stessa guida di ieri sera (venticinque anni … sigh!). Il titolare ci ha avvertiti che molti turisti ne restano delusi perché si aspettano scene folcloristiche, balletti, costumi, insomma tutto l’armamentario che io detesto, ed è bastato questo a convincerci a prenotare il giro. Ne usciamo davvero soddisfatti, incuriositi e con i piedi zuppi: non abbiamo visto nulla di straordinario, eppure in un certo senso è stato tutto straordinario. Camminare sulla loro terra, con uno di loro, ascoltando la vita quotidiana, i problemi, scoprendo le usanze … è una di quelle cose che danno un senso al viaggio, tanto quanto incontrare un branco di elefanti o una coppia di leoni che fanno colazione con uno gnu.
Ci racconta delle mucche, delle capre, della siccità, della petizione che hanno inviato al dipartimento dell’agricoltura perché mandino un rappresentante fisso ad ascoltare i loro problemi e le loro richieste, hanno anche preparato le fondamenta per la futura sede dell'ufficio. Ci racconta che il mese scorso un ghepardo ha ucciso cinque capre in un solo allevamento, ci mostra un aspetto diverso a cui non avevamo pensato, i magnifici predatori che popolano i sogni dei turisti sono anche negli incubi dei contadini e degli allevatori. Iene, sciacalli, ghepardi, elefanti, possono produrre danni enormi, e la popolazione ha bisogno di aiuto per contenerli senza far loro del male, perché comunque tutti capiscono benissimo il senso della protezione accordata alle specie più fragili e rare.
Ci racconta che prima del 2012 – data di nascita del Madisa Camp – un’alluvione ha devastato il villaggio distruggendo il pozzo, poi la siccità ha completato l’opera e più di un allevatore si è trovato a dover ricominciare daccapo, con tutto il bestiame morto o svenduto. Sono partiti per la città, hanno lavorato fino a mettere abbastanza da parte per ricomprare gli animali, e sono tornati … credo sia impossibile per loro rinunciare a vivere qui, nonostante la fatica, i problemi, i frequenti disastri, il richiamo della terra madre è sempre più forte.











Ce ne ripartiamo più ricchi, lasciando più ricco ed entusiasta anche il ragazzino che si occupa della cucina, che non crede ai suoi occhi quando gli lasciamo anche la mancia post colazione e ci regala uno dei sorrisi più belli del viaggio. Un altro arriva poco dopo, quando vediamo una famigliola locale – mamma papà e cinque bimbi! - alle prese con il cambio di una gomma a bordo strada e ci fermiamo per chiedere se hanno bisogno di aiuto. Non abbiamo la pompa elettrica che gli farebbe comodo, ma quando Paolo si offre di gonfiare a mano la ruota di scorta al posto della figlia maggiore che si stava impegnando allo spasimo ma è pur sempre una ragazzina, accettano con entusiasmo, come i bimbi accettano entusiasti le polaroid che gli scattiamo tra grandi risate. Ci raccontano che per fortuna abitano “vicinissimi”, a quindici chilometri da lì, e non sono nuovi a questi inconvenienti … e di nuovo, salutata la famiglia, ripartiamo più ricchi ed allegri.







Prima tappa in programma oggi, Petrified Forest … sono consentite solo visite guidate e passiamo un’interessante mezz’oretta con una giovane paffutella che parla un inglese abbastanza facile perché riesca a seguirla anch’io, a cercare di immaginare cosa siano i milioni di anni che sono stati necessari per fare pietra di questi tronchi che affiorano e ci guardano, dopo aver visto chissà quali sconvolgimenti e disastri, alluvioni, frane, incendi … a conferma che sono le avversità a farti diventare roccia J












Dopo la Petrified Forest tocca a Twyfelfontein – la Fonte Indecisa, a volte c’era a volte no – dove si trovano, disseminati su un’area abbastanza ampia, antichi petroglifi che immancabilmente troviamo molto somiglianti a tanti già visti, nel deserto del Marocco e in quello del New Mexico, a Mesa Verde e a Capitol Reef. Mi affascina sempre scoprire come l’evoluzione dell’umanità segua a tratti gli stessi percorsi e poi si ramifichi tra mille tradizioni e mille differenze, mi fa sentire ricca. Paolo completa tutto il percorso, io rinuncio all’ultimo pezzo, troppo esposto e scosceso per i miei gusti, così mi perdo l’Uomo Leone, scelto come simbolo del sito, ma resto comunque soddisfatta. Il ragazzo che ci fa da guida poi, oltre a essere molto preparato e simpatico, mi dimostra una particolare cortesia, saputo che sono sorda si sforza per tutto il tempo di parlare più chiaramente e lentamente possibile il suo già ottimo inglese … quanto apprezzo queste piccole gentilezze, anche se ho sempre con me il mio traduttore e interprete personale J























Decidiamo di rinunciare sia all’Organ Pipe che al pranzo (per l’ottima ragione che da qui al Lodge c’è un nulla assolutamente nullissimo e nessun modo di procurarci pappa, per fortuna abbiamo le provviste e ci sfamiamo con un imponderabile misciotto di biltong, crisp di lenticchie, succo di guava, noccioline … insomma, il solito mix tutta salute di ogni OTR che si rispetti ^^) e andare direttamente al lodge: stasera ci aspetta il Grootberg, che tanta pena ci ha dato in fase di prenotazione, ma intorno alle cui date disponibili abbiamo costruito la seconda parte del viaggio … le aspettative sono altissime.
Lungo il percorso abbiamo fortuna con gli avvistamenti: cacca di elefante, mucche, cacca di elefante, springbok, cacca di elefante, un kamikazoiattolo, cacca di elefante, capre, cacca di elefante. Insomma, tanto valeva andare a fare un giro al laghetto dell’EUR :p
La salita per il Grootberg resterà nei miei ricordi. Peggiori :D
La maggior parte degli ospiti lascia la macchina al parcheggio alla base della prima salita, stretta, impegnativa, ripidissima e piena di sassi e prende la navetta, ma a Paolo non passa neanche per la testa di sottostare a una simile infamia, e io mi fido a sufficienza da non pensare nemmeno di proporlo. Se la cava benissimo, ma il centinaio di metri praticamente in verticale che porta al placido altipiano su cui sorge il lodge mette alla prova non tanto l’illimitata fiducia che ripongo nel mio eroe quanto il mio stomaco, che si chiude come un riccio alla vista dello strapiombo alla mia sinistra … tranquilli, per cena si riaprirà, avevate dubbi?
Le nostre attese non restano deluse, anzi … questo posto supera le nostre più rosee aspettative, la vista dal bungalow mozza il fiato e i miei occhi si riempiono subito di lacrime. Il benvenuto è caloroso, la stanza accogliente, il cestoneymoon che ci fanno trovare sul letto con i complimenti della direzione prontamente saccheggiato. Che c’è di meglio che sgranocchiare patatine, biltong, noccioline e bere spumante davanti all’immensità? Ovviamente mele e banane vengono lasciate con sommo sdegno. Roba sana? Scherziamo? Neanche la scoperta che abbiamo forato vale a scalfire di un pelo la nostra felicità.

















La cena è ottima, come sempre la carne fa la parte del leone … ma è un inatteso, graditissimo pollo, per quanto la selvaggina sia favolosa un’interruzione ogni tanto fa piacere. Scopriamo l’amarula, meravigliosa, e ci godiamo fino alla fine l’improvvisato (o più probabilmente perfettamente coordinato e studiato per sembrare improvvisato), emozionante spettacolo di canti tradizionali messo in scena a cena finita dal personale di sala e cucina.

Commenti

Post più popolari