30 marzo 2017

Giovedì 30 marzo 2017

Oggi si fa colazione in Florida, si pranza in Georgia e si cena in Alabama :D

... e come rinforzino, la mia nuova mania (road to perdition)




È arrivato il giorno del tappone Orlando – Daphne, che abbiamo saggiamente deciso di allungare con una tappa in Georgia per visitare la Pebble Hill Plantation, sia mai che facciamo solo 491 miglia quando possiamo percorrerne 758! E mai scelta fu più azzeccata, certo oggi è una giornata pesante e poco densa di avvenimenti, ma ci ha permesso di guadagnare tempo e organizzare la discesa verso Miami a piccole tappe piene di interesse … e la deviazione in Georgia, oltre che a piantarci la bandierina, è servita a regalarci un paio di momenti che conservo nel cuore.


Per prima cosa, come da tradizione, partiamo in ritardo: la macchina è carica, noi anche, siamo già in posizione quando un urlo belluino squarcia l’aria tranquilla … gli avocadoooooooooooooo! Nel corso dell’OTR del 2016 ho maturato un’insana e inguaribile passione per gli avocadini messicani da cinquanta cent cadauno che si trovano subito a sinistra dell’entrata in qualsiasi Walmart degno di questo nome, nel primo blocco di frutta e verdura che si incontra. Sia mai che io abbandoni due dollari nel frigo dell’ottimo Best Western!
Le prime quattro ore di guida passano quasi inosservate, tra una sosta spesa da Walmart e una sosta pipì da Starbucks. Annoiata, decido di ravvivare la giornata tentando il suicidio … ma non con una banale distruzione della macchina come fanno tutti, no, io modestamente sono una che si distingue: quanta gente conoscete capace di strangolarsi con il caffè dello spaccio di arance e coccodrillini da coccolare? Le arance le abbiamo comprate, con i coccodrillini non ce la posso fare … niente foto con il cucciolo per me, da quando sono stata in Africa gli animali non liberi – a meno che si chiamino Luke e Leia e facciano i dittatori a Villa Panda – non riesco nemmeno a guardarli negli occhi, mi prende una tristezza …
La prima vera tappa del viaggio è Thomasville, per rendere omaggio alla Big Oak, una enorme bellissima quercia che adagia i suoi rami e tutta la sua tranquilla potenza su un prato all’incrocio tra due vie in questa serena, sonnolenta cittadina del Sud. È nata intorno al 1680, prima degli Usa, prima della rivoluzione francese, prima dell’Italia unita, ha visto passare confederati e unionisti, ha visto gli schiavi e le lotte per i diritti civili, è enorme, morbida e accogliente, e mi trovo ai suoi piedi commossa e stupefatta. È enorme, a malapena sono riuscita a farla entrare in una sola foto, e Paolo, che tanto piccino non è, sembra un puffo tra le sue braccia. Restiamo a coccolarla per un po’ e poi ci spostiamo in un grazioso gazebo nel prato lì accanto per fare onore ai due dollari di avocado e alle insalate che abbiamo preso per pranzo. Beviamo anche sconsideratamente birra all’aperto, la mia veronesità davanti all’alcol dimentica ogni prudenza :D
























Percorriamo i pochi chilometri che ci separano dalla Pebble Hill Plantation, una meravigliosa Tara dei giorni nostri, senza campi di cotone e senza alloggi per gli schiavi, per una visita interessantissima della splendida casa padronale, lasciata nel 1978 alla fondazione che la gestisce da Miss Pansy Ireland Poe, l’ultima proprietaria grande amante di cani e cavalli (e si vede, durante il giro delle stanze!). Lei ed il marito, non avendo avuto figli, decisero di disporre così della loro splendida proprietà, aprendola al pubblico per la gioia di più gente di quanto mi aspettassi: eravamo una ventina a seguire la guida. Purtroppo non si possono fare foto agli interni, ma ne conservo un bellissimo ricordo, arricchito dalla gentilezza della signora che ci ha portato in giro, che avvertita della mia sordità – l’impianto era ancora lontano - mi ha procurato un dattiloscritto molto esaustivo, facendo aspettare i miei comodi a tutti.

































































Per far felice Paolo, quando ho parcheggiato mi sono esibita in uno dei miei numeri da sordina meglio riusciti: lui, cavaliere, ha pigiato il bottone di spegnimento della macchina, io che sono una sorda seria e non sentivo il rumore del motore neanche guidando l’ho pigiato di nuovo facendo ripartire la Nissan Sentra Bordeaux Improbabile e causando un irrispettoso e irriverente attacco di ridarella nel cavaliere. Se ci ripensa mi riparte a singhiozzare, speriamo che non legga :D






A malincuore scappiamo senza fare il giro dei giardini, abbiamo ancora quattro ore di strada e sono le sedici passate … dopo meno di due ore chiedo il cambio, e meno male: dopo la sosta benzina facciamo pochi chilometri e si scatena un diluvio spaventoso, Paolo mantiene il sangue freddo molto meglio di quanto farei io, considerando che siamo dentro un muro d’acqua e non si vede letteralmente a un palmo dal muso della macchina. Raggiungiamo un Alabama zuppo e gocciolante, che ci regala per scusarsi uno dei tramonti più belli che ricordi, giallo oro, rosso sangue, arancione brillante … dalla macchina in corsa non è facile immortalarlo e in autostrada non c’è modo di fermarsi, ma se le foto - con il cellulare, per di più - sono mosse e bruttine il ricordo è limpido e scintillante.










Raggiungiamo Daphne un po’ trafelati e un po’ in ritardo sulle nostre intenzioni, amaramente consapevoli del fatto che qui le galline mangiano presto e chiudono bottega … dopo un check in rapidissimo scaraventiamo i bagagli in camera, la meno carina e pulita del nostro soggiorno pure se onestamente abbastanza accettabile, e anche se con il fuso abbiamo guadagnato un’ora arrivamo al pelo della chiusura da Moe’s, un postaccio che se non ce lo fossimo segnati per le recensioni entusiastiche non avrei pagato un soldino bucato. Con una certa dose di odio, che poi per fortuna si stempera in chiacchiere, veniamo serviti da una camerierina la cui voce so per certo costituisce la maggior invidia di Paperino: ribs favolose (I’m famous for that, mastica il cuocone da noi entusiasticamente complimentato), pulled pork, pane di mais, fagioli dolsassi … ci piace stare leggeri ^^
Dopo una cenetta così ipocalorica vorrei solo andarmene a nanna, ma dato che sono riuscita a “spocegare” con salse e sughetti due delle tre paia di pantaloni che ho con me, e anche Paolo è in emergenza abbigliamento, raggiungiamo la laundry all’ultimo piano e cullata dal rumore di lavatrici e asciugatrici (meno male che la nostra stanza è al secondo!) mi addormento abbracciata al kindle sulla sedia più scomoda della storia dell’umanità.

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