30 agosto 2016 - Arches - La versione di Barbara

Martedì 30 agosto 2016
La notte al Devil's Garden è magnifica ... e l'alba non è certo da meno. Insonnoliti e sorridendi, strisciamo fuori dalla nostra tendina silenziosi e leggiadri come una migrazione degli gnu al Serengeti : hai preso il cavalletto? il pile ce l'ho, la lampada frontale ce l'ho ma non si accende, obiettivo, reflex, aspetta che forse le infradito non sono una buona idea, e via con gli occhi cisposi e la felicità sottobraccio, attraversiamo la strada accanto alla piazzola, ci dirigiamo verso est, ci riempiamo di sabbia fin nelle mutande, ci perdiamo e ritroviamo il sentiero un paio di volte, il buio è morbido e il silenzio rimbomba, carezzevole e grato persino per me che nel silenzio ormai ci vivo più di quanto vorrei.

Sempre in silezio ci sediamo vicini su una roccia piatta a qualche centinaio di metri dal campeggio, soli e appagati, in attesa di salutare il sole ancora una volta insieme, ancora una volta in un luogo splendido e speciale. L'emozione toglie il fiato anche qui, anche oggi, e mi sento fortunata come non mai. Poter godere di tanta meraviglia riempie il cuore, tutti i pensieri e le preoccupazioni sono rimasti nella tenda, mi gusto questo momento pieno di pace e anche se - tanto per cambiare - non sono contenta di quello che riesco a ottenere dalla reflex, me ne torno via soddisfatta.
























Il sole riscalda l'aria e i colori, qualche altro mattiniero ci ha raggiunti, la magia si appanna un pochino ma questa luce liquida e dorata ci fa dimenticare tutto, ci mettiamo un bel po' a tornare alla tenda per fare colazione.


































Facciamo fuori gli avocado messicani, (quanto mi mancano! si troveranno in Florida?), i muffin del City Market, il succo alla patata e mentre stiamo smontando il campo - ti rimpiangerò, Devil's Garden - sorpresa! Leggiadri, loro sì, e bellissimi, ci passano accanto due cerbiatti, per nulla intimiditi, che saltano con grazia tra la boscaglia e le piazzole. Non abbiamo la reflex sottomano, ma poco importa, l'immagine bellissima di libertà che mi si è impressa negli occhi allora non mi ha mai più lasciata.

Caricata la macchina e dopo una ripulita sommaria (niente docce, in compenso ragni grandi come iguana nel bagno delle donne: un ottimo incentivo a fare presto anche se non nutri particolari fobie nei loro confronti ) ci dirigiamo verso il Visitor Center all'entrata del parco per prendere la brochure, visto che ieri al nostro arrivo era chiuso, e pazienza per l'andirivieni di tante miglia, devo anche spedire le cartoline - sì, lo so, sono giurassica, ma ad ogni vacanza partono le solite cinque - e fare una doccia involontaria alla fontanella per riempire la borraccia.










Via, verso Park Avenue per cominciare quella che sarà una giornata splendida ad Arches. Il sole è abbacinante, il cielo ha sempre quel colore incredibile e quella dimensione, quella potenza che a casa non riesco mai a ritrovare. Mi colpiscono le ombre nettissime a scolpire i contorni delle rocce rosse, il silenzio - interrotto purtroppo dai soliti pullman di cafoni internazionali più interessati a farsi selfie che a guardare cosa gli sta intorno, e sì, lo so, sono una spocchiosa snobbissima rompiballe - e la serenità che quasi mio malgrado si impossessa dei miei pensieri e del mio cuore. Meraviglioso Arches.








































Scendiamo a fondo vallata, ma non ci spingiamo in profondità. E' vero, abbiamo tempo oggi, ma fa già un gran caldo e ci sono trail completamente privi di ombra che ci attendono, meglio non esagerare. Okay, okay: siamo pigrissimi soci onorari del fan club di Paperino

Prossima tappa, Balanced Rock, dove con mio enorme entusiasmo si scatena il Panda Mannaro : ormai l'ora è propizia alle torme selvagge, e ai torpedoni che le vomitano senza sosta per poi ingoiarle di nuovo rapidamente a ogni viewpoint. Non abbastanza rapidamente per impedirgli di fare danni, però. Se siete stati ad Arches - ma anche nella maggior parte dei parchi USA, saprete quanto sia pressante e ripetuta la richiesta di stare sui sentieri battuti, per non danneggiare il fragile ecosistema: una singola impronta dei nostri piedi può produrre disastri che la natura impiegherà anni a riparare. I cartelli di avvertimento sono ovunque, c'è scritto in tutte le lingue sulle brochure consegnate all'ingresso, e tutto sommato - sono una spocchiosa snobbissima rompiballe, no? - secondo me è anche troppo, dovrebbe bastare un'intelligenza minima per arrivarci da soli.


Mi sbaglio, oh, se mi sbaglio. Perché ben più importante che preservare una natura meravigliosa è farsi la foto cretina in cui fingi di sorreggere la roccia ... sì, ce l'abbiamo anche noi, ma più creativa e soprattutto rispettosa (siamo scemi a sufficienza senza sentire il bisogno di fare danni ). In particolare, al momento del nostro arrivo, c'è un gruppo di cinesi tutto impegnato nel mirabile, difficile compito ... una signora di una certa età - versione mia, quella del panda è un filo più pittoresca - seguendo le indicazioni del marito alza e abbassa le braccia, sposta le mani, fa un passo avanti, fa un passo indietro, un altro passo indietro, un altro ancora ... e qui irrompe un pandesco ruggito di sacrosanta indignazione: STAY ON PATH!!! chiaramente la cinese non capisce, pur essendo cinesi anche i panda , e viene resa edotta a gesti e furibonde abbaiate su cosa sia meglio fare.


Rivolge, la poverina, uno sguardo disperato al marito, che coraggiosamente fa un passo verso di noi ... poi prende le misure, e constatato di essere alto un terzo e largo la metà di Paolo, il prode si rivolge alla moglie con un gesto imperioso: ON PATH, VECCHIA STREGA, MALEDETTO IL GIORNO CHE T'HO SPOSATA, MORTACCI TUA!
Li incontreremo ripetutamente nel corso della giornata, e sempre rapidi come la folgore svaniranno al nostro sguardo prima che abbiamo il tempo di sospirare. Secondo me lei ancora non dorme, e del resto di uno con questa faccia qui avrei paurissima anch'io, se non fossi la sua padroncina








Il Panda Mannaro da cui è posseduto il mio solitamente docile schiav... fidanzato, prima di scomparire, terrorizza anche una giovane stragnocca russa fuori sentiero, incurante dello stacco coscia di mezzo chilometro e degli occhioni terrorizzati, poi si calma e ci dedichiamo alle foto e alle risate. Evito di dirgli che un'altra cinese è caduta dritta dritta nel cespuglio che aveva salvato dalla prima, e soprattutto evito di pensare a quanti imbecilli maleducati e irrispettosi passano di qui ogni giorno. Siccome poi sono saccente e rompiballe, intavolo con me stessa un simposio sul "perchè questi sono così" e concludiamo, io e me, che la ricchezza recente non è sinonimo di cultura, e che il rispetto non si matura con i soldi ... adesso possono uscire dal loro mondo, ma non hanno mai imparato a rapportarsi con quello degli altri, e gli scempi perpetrati nei loro paesi di origine, penso alla Diga delle Tre Gole sul Fiume Azzurro, per esempio, non sono certo di grande giovamento nell'apprendere la difficile arte della conservazione della natura e del rispetto dei suoi regali. Fine del comizio, torniamo a far gli scemi. Sul sentiero, però.





















Dopo la Balanced Rock, il Double Arch, il Turret Arch, North e South Window e poi ... ci arrendiamo al caldo, che si sta facendo sentire pesantemente ormai, e scendiamo a Moab per piantare le tende. Letteralmente, visto che le prossime due notti le passeremo all'Up the Creek Campground, ai margini della cittadina.














































I colori potenti e prepotenti di questo parco resteranno a lungo nei miei sogni, è uno dei posti più emozionanti, una delle visioni più dirompenti dei miei (ancora troppo pochi) giri per il mondo. Sarei rimasta più a lungo senza rimpianti, ma nella vita serve sempre una scusa per tornare ... e anche se non servisse, tornerei.


Ci sistemiamo al campeggio, tutto sommato grazioso e ben tenuto, ci sono le docce e i ragni iguana, c'è il creek che io ovviamente non sento, c'è la civiltà a due passi: non che mi mancasse, ma siamo troppo vecchi per campeggiare da selvaggi tre notti a fila. O almeno, Paolo lo è










Pranzo da Milt, che ci eravamo segnati da casa, un'insalata e un hamburger, davvero buoni anche se la simpatia dei proprietari del chiosco lascia un po' a desiderare, e poi lavatrici (finalmente!) a ripetizione in un piccolo centro commerciale vicino al City Market. Sicuramente non è un posto da ricchi, ma nemmeno mi lascia il senso di solitudine e desolazione che mi sono portata a casa dalla lavanderia di Page. E oggi apprezzo anche l'aria condizionata livello pinguino, è davvero una giornata rovente, anche se sotto gli alberi vicino alla nostra tenda, dove torniamo a riposare un paio d'ore prima di lanciarci nell'IMPRESA, tutto sommato si sta davvero bene.


IMPRESA? tutto maiuscolo? tutto maiuscolo, e anche se mi farei togliere un dente del giudizio senza anestesia piuttosto che ammetterlo, sono un po' preoccupata. Tra le descrizioni di Paolo che l'ha già portata a termine nel 2013 e quelle lette su altri diari, consapevole delle mie (in)capacità atletiche, la salita al Delicate mi spaventa ... ho sentito parlare di cori angelici (tanto non li sento ), di visioni, miraggi e fate morgane (tanto non fumo canne ), di più concreti caldo e sete assassini, e di gambe a pezzi. E poi la ciliegina su una torta già tanto invitante, l'ultimo tratto di sentiero completamente esposto.


Ecco, la mia testa dura è più forte di tutto, e magari a quattro zampe e con gli occhi chiusi, ma al Delicate ho deciso di arrivarci! alla fine è andata meno peggio di quanto mi aspettassi, angeli non ne ho visti, cori non ne ho sentiti (ah ah ah) e ho stracciato solo due dita a Paolo con la mia stretta delicata lungo l'ultimo pezzettino (che PANDOCCHIO aveva sostenuto essere lungo al massimo dieci metri: per fortuna sua, la visione che si apre alla fine del baratro è tale che ogni donna dimentica. Almeno per un po' )


Arriviamo alla meta in poco meno di un'ora, con frequenti pause e ancor più frequenti bevute, il caldo pesa ancora e la sete è un tormento, con questa pendenza poi si fa sentire anche di più, sono ciciotta e pigrotta e la pago. Ma ne vale mille e mille volte la pena, la sorpresa che mi attende appena girato l'ultimo angolo è indescrivibile, non c'è foto che tenga, per quanto mille e mille volte rivisto in immagine, dal vivo questo posto trasmette una magia invincibile, nemmeno le orde di fotografi, turisti, ragazzini, nemmeno l'amica cinese di Paolo col marito che mantiene rigorose distanze , nulla potrebbe rendere questo istante meno perfetto.














































Ci godiamo la passeggiata del sole verso ovest, i colori che diventanno via via più caldi e poi sempre meno, scattiamo mille foto tutte uguali e tutte bellissime ... capisco perché doveva chiamarsi Landscape Arch, e non posso fare a meno di chiedermi come mai nessuna delle fotografie che ho visto mi abbia lasciato traccia negli occhi del paesaggio spettacolare che si stende dietro l'arco, protagonista indiscusso ma forse unico suo malgrado: la vista dal vivo è davvero impossibile da rendere con foto e parole.
























Sarebbe bello restare a scattare in notturna, ma non siamo attrezzati né coraggiosi a sufficienza per affrontare la distesa nel buio più completo, e me ne rendo ben conto quando arriviamo al parcheggio immersi nelle tenebre: l'ultimo tratto, benché in discesa e molto facile, mette comunque qualche preoccupazione, e non certo per i pipistrelli, che adoro, svolazzanti intorno a noi.

Cena alla Moab Brewerey, una birra deliziosa, e felici e puzzolenti come non mai ce ne torniamo alla nostra tendina. Grazie mondo, che meraviglia sei, ancora una volta.

Commenti

Post più popolari