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25 agosto 2016 - Chinle - Window Rock - Mesa Verde - Durango - La versione di Barbara
GIOVEDI' 25 AGOSTO 2016
Che dici, puntiamo a vedere l'alba? metti la sveglia?
Uhm, boh ... mettila, poi quando suona decidiamo, dai.
Ecco, uno dei tanti vantaggi del dormire in tenda è che per me
difficilmente restare a letto e perdermi l'alba ha lo stesso appeal che
avrebbe sotto un piumino, e decidere di tirarsi su è meno faticoso ... e
poi comunque anche se i panda sono pigre bestiole, se adeguatamente
motivate possono schizzare su con una velocità da leprotti cicciotti in
qualunque circostanza: l’alba sulla Spider Rock è di sicuro adeguatamente motivante,
e quindi partiamo armati di reflex, cavalletti, filtri, k-way, pile,
occhi cisposi e degli Oreo che oggi inconsapevolmente daranno vita al
titolo di questo diario.
Fare una classifica delle meraviglie che ho visto in terra americana
nelle ultime due estati è un'impresa, il massimo che posso dire è che il
North Rim del Grand Canyon mi ha portato via il cuore un po’ di più,
tutto il resto crea nella mia mente un caleidoscopio meraviglioso di
colori e sensazioni impossibili da slegare e da scegliere … ma ogni
tanto le emozioni più vive le percepisci distintamente, e succede quando
sei solo o quasi. Succede nei posti meno noti, e ti chiedi perché lo
siano, succede negli orari più impensabili ... e un posto meno noto
all’alba è quanto di meglio si possa chiedere. Ci siamo io, Paolo, due
ragazze con la compatta e poi, dopo il sorgere del sole arriva una
coppia di australiani (eh, sì, i panda sono pigre e socievoli bestiole
) … e un silenzio quasi assoluto e pieno di magia. La luce grigia e
polverosa che precede il levar del sole avvolge tutto in un’atmosfera
ovattata, il cielo in lontananza comincia a tingersi di pastello e poi
improvvisa e quasi inattesa la gloria dei raggi dorati esplode in tutta
il suo prepotente splendore … non per la prima volta, e non per
l’ultima, mi trovo con gli occhi lucidi a guardare negli occhi lucidi
del mio mezzo cocomero, e ci diciamo di nuovo quanto siamo fortunati a
poter godere così intensamente e così insieme uno spettacolo tanto pieno
di calore e colori.
Paolo ha portato la sua bellissima custodia nuova per i filtri nuovi, ne
prova uno, ne prova un altro, posa la custodia sul muretto, scatta,
mangia un biscotto, scatta, scatta … io intanto cerco di risolvere le
mie divergenze di vedute col cavalletto, scatto, scatto, scatto, mangio
un biscotto, scatto, e la custodia dei filtri sempre sul muretto.
Ridiamo, giochiamo, chiacchieriamo, facciamo i pucciosi, e la custodia
sempre sul muretto. Poi ci avviamo, ormai sazi di luce, alla macchina
con i nostri cavalletti, le reflex e i biscotti. E la custodia sempre
sul muretto
. PERSO COSE, VISTO GENTE … e stavolta, perso cose davvero, sigh. Ce ne
accorgeremo praticamente solo a casa, e il muretto non è una certezza
ma un fiero sospetto. Ecco cosa succede a pucciare pucciosi 24/24.
Guardatevi intorno, invece che sempre negli occhi a cuoricino
:pernacchia:
Arrivati alla macchina, vengo folgorata dal (novantesimo
) Oreo che sto sgranocchiando: ma guarda Pa, biscotti a bordo rim anche
qua come al Grand Canyon, stiamo sempre a magnà sui precipizi
. Ce ne sono altri che ci aspettano? Eccome se ce ne sono! Okay Pa, ho
trovato il titolo, ma adesso dobbiamo magnà biscotti sul bordo ogni
volta che ne troviamo uno eh? Ah, sempre pronto al sacrificio io!
Torniamo al campeggio per levare il campo, darci una ripulita sommaria e bere qualcosa di caldo (qualcosa che ci metterà un tot a scaldarsi
,
Howard intrattiene Paolo per un po’ mentre la caffettiera a gas si
scalda e io smonto la tenda) preso nel pittoresco spaccio del campeggio ...
... e dopo un po’ di coccole al nostro amico cagnone, che alcuni
spietati recensori di tripadvisor hanno definito la cosa migliore del
campground
e un saluto finale al mio nuovo nativo preferito, che prende la vita in
un modo meraviglioso, ci mettiamo in marcia per quella che sarà una
lunga giornata, soprattutto di trasferimento ma non solo, destinazione
Durango. Colorado, arriviamo!
Il bello di viaggiare con Paolo, tra le altre cose, è che quando vedi un
cartello marrone e dici “Chissà cos’è questo Hubbell Trading Post
Historic Site” difficilmente ti sentirai rispondere qualcosa di diverso
da “Andiamo a vedere!”
. Non siamo rimasti delusi per aver seguito la via della nostra curiosità mattutina: abbiamo scoperto the oldest continuously operated trading post on the Navajo Nation,
con un bellissimo salto all’indietro che ci ha catapultati dritti
dritti nel vecchio west, mi aspettavo di vedere cowboys e pony express
sbucare dalle stalle o dal basso edificio, e signore in crinolina
attendere impazienti la diligenza. Ci abbiamo perduto – no, vissuto –
una piacevole mezz’ora, spesa tra gli edifici dall’esterno e il
turistico ma fornito spaccio di artigianato locale cui abbiamo
ovviamente lasciato il nostro generoso contributo?
Il Trading Post fa parte del NPS, quindi nel suo piccolo è gestito e
curato nel modo in cui siamo abituati a veder gestiti e curati i parchi:
se non avete fretta è una sosta piacevole ed interessante, soprattutto
se vi piace respirare da vicino il profumo del passato e la vostra
fantasia galoppa portandovi lontano ogni volta che finite in uno di
questi buchi spaziotemporali
La prima tappa tra quelle previste, che ci fa allungare di circa
un’oretta di strada, è a Window Rock: decisa al volo last minute, tanto
che i meticolosi appunti sul travelbook li ho scritti a penna io: pochi
giorni fa, partendo da un programma su Focus che parlava di Enigma e dei
codici criptati con particolare riguardo alla WWII, secondo le nostre
solite divagazioni che spesso ci portano a fare il giro del mondo in
dieci parole siamo arrivati ai code talkers, i soldati Navajos,
Cherokee e Choctaw che hanno prestato servizio nel Corpo dei Marines nel
Pacifico, e sono stati impiegati per trasmettere messaggi tattici
segreti nella loro lingua nativa, sconosciuta ai giapponesi e quindi non
decrittabile dai sistemi di intercettazione. Forse avrete visto il film
con Nicholas Cage, Windtalkers.
A Window Rock, che per inciso è la capitale della Navajo Nation, sul
confine tra Arizona e New Mexico, c’è il piccolo Window Rock Tribal Park
& Veteran's Memorial ( http://www.navajonationparks.org/htm/veterans.htm ), dedicato al ricordo dei caduti nativi nella seconda guerra mondiale, e un piccolo monumento ai code talker,
con una commovente distesa di mattoni con i nomi di tutti coloro che
hanno servito, spesso a costo della vita, quella che prima di tutto è la
loro terra. Dopo una commovente manciata di minuti trascorsa a fare
foto e pensare, ho arricchito l’artigiano navajo più bravo,
chiacchierone e simpatico incontrato fino ad ora facendo scorta di
piccoli souvenir e di regalini, a prezzi onestissimi. E mi ha fatto
anche lo sconto, devo aver speso davvero un botto
Lasciamo Window Rock commossi e soddisfatti, “perdere” un’ora di viaggio
per una cosa del genere probabilmente non interessa a molti, ma per
fortuna io e Paolo siamo sempre in sintonia e queste decisioni semisagge
sono sempre prese di comune accordo. Ci fermiamo poco dopo il confine
con il New Mexico a far benzina in un postaccio, e Paolo, non pago
dell’esperienza dell’anno scorso al Roy’s Café e non disposto a cedere
di un millimetro nella sua incommensurabile stima per Stephen King, ci
riprova con lo Slim Jim. A voi il piacere di contemplare il risultato
nella foto qui sotto, io mi limiterò a dire che se nel Mojave c’è un
cojote col cagotto dall’agosto 2015, ora lungo una desolata highway
newmexicana ci sono anche dei corvi con il mal di pancia. Paolo, sei una
brutta persona
Nei nostri vagabondaggi prepartenza su googlemaps abbiamo adocchiato
anche la Shiprock, bellissima e maestosa formazione di roccia che emerge
dal nulla nelle pianure bruciate dal sole e regala a chi ha
immaginazione la visione della prua lontana di una nave fantasma. Non è
possibile avvicinarsi molto, si trova in una zona recintata e non
accessibile del territorio dei Navajo, ai quali è sacra. Con le
coordinate giuste preimpostate, però, si riesce ad arrivare a una
decorosa distanza fotografica. Il cielo lattiginoso e bigio ci rovina un
po’ le inquadrature, ma basta una fotoscioppata drammatica e passa la
paura
Per pranzo ci fermiamo lungo la strada in uno Starvin Marvin o qualcosa del genere
… io sono ben decisa a restare leggera, sto iniziando – a differenza
dell’anno scorso – a soffrire un pochino l’alimentazione. Di noia, più
che altro, ma anche di abbiocco, quindi punto decisa a un panino con il
roastbeef, tonta che sono. E mentre fantastico di una ciabattina bianca e
soffice con quattro fette di leggerissimo roseo arrosto all’inglese e
due foglie di insalata, mi vedo presentare con estrema gentilezza
quattro fettone di pancarré fritto annegate sotto un paio di litri di
sughetto burroso in cui il mio roastbeef ben cotto naviga con aria
soddisfatta. E ben mi sta, toh! La solita italiana
Mesta e appesantita ma non doma, riprendo il volante verso la meta più
attesa e importante della giornata, Mesa Verde NP. Naturalmente siamo un
po’ in ritardo, ma ci siamo abituati e non la prendiamo particolarmente
di petto … al Visitor Center ci rendiamo conto che non potremo visitare
uno dei complessi abitativi come ci eravamo ripromessi … io perché ho
qualche motivo di discordia con le scale a pioli traballanti alte dieci
metri, e Paolo perché il parco è così piccino che arriveremmo troppo
tardi per l’ultima visita … in ogni caso, abbiamo chiesto consiglio ai
ranger per visitare qualcosa di accessibile alle mie vertigini e anche
se il mio udito non è dei migliori, giurerei di avergli sentito dire
qualcosa come “ma la butti di sotto e ne prenda una normale, no?”
Per mia fortuna ormai Paolo mi si è affezionato e gli piace come cucino
il risotto, quindi per questa volta almeno la scampo e ci dedichiamo al
giro dei viewpoint, dopo aver ammirato la strada bellissima e i panorami
magnifici che si aprono sulla Mesa, questo parco meriterebbe un po’ più
di tempo, di calma e di sole per essere apprezzato veramente, ma per
questo giro, sia pure un po’ a malincuore, decidiamo di farcelo bastare
soprattutto perché poi ci aspetta un’altra ora abbondante di strada per
arrivare a Durango.

(c'è un rim, c'è un bordo ... biscottooooooooooooooo!!!)
Il paesaggio è cambiato tantissimo nel corso della giornata, e ora mi è
stranamente familiare, seppure più grandioso: mi sembra di essere in
vacanza nelle mie vallate alpine, nell’Alto Adige che negli anni ho
imparato ad amare, ma dopato
Prendiamo alloggio al Knights Inn, raccomandato dal nostro amico Derio, e
una chiacchierata con il simpaticissimo e disponibilissimo titolare ci
rivela che abbiamo avuto, anche qui, una bella botta di culo: abbiamo
prenotato poco prima del cambio gestione che ha praticamente raddoppiato
le tariffe, ma la nuova proprietà ha deciso (dovuto?) onorare le
prenotazioni precedenti alla cifra per cui sono state confermate. La
nostra camera, che occuperemo per due notti, è carina e confortevole, si
vede che è stata rinnovata da poco. Fortunati noi, anche se compensiamo
pagando con il fatto che il Festival della Birra di Durango inizierà
proprio il giorno dopo la nostra partenza, tristessa.
Per rincuorarci, il nostro anfitrione ci snocciola l’elenco delle
migliori birrerie del paese, tra cui non manca la Steamworks Brewing
Co., che avevamo già puntato grazie a Raffaella, amica viaggiatrice: non
vogliamo perderci il cajun boil, giusto? Giusto, quindi dopo una rapida
rinfrescata corriamo subito in paese, che qua mangiano con le galline e
vanno a letto anche prima, e raggiungiamo l’agognato tavolo su cui il
nostro favoloso zuppone verrà rovesciato direttamente dal calderone su
un foglio di carta dai bordi opportunamente ripiegati. Subito una bella
birra rinfrescante, poi passo la cena a lamentarmi di quelli che ne
lasciano mezza nel bicchiere, mangiamo come se non ci fosse un domani e
ordiniamo un’altra birra … che lascerò mestamente a metà perché proprio
non ci entra
. Quasi quasi chiedo se oltre alla doggy bag hanno anche il BEERberon d’asporto
Ignominia e sconforto, sto decisamente invecchiando! Impietosito e
baldanzoso, perché lui la seconda l’ha finita, il pandone mi porta a
letto e mi rimbocca le coperte, e ritrovo subito il sorriso: domani ci
aspetta la tratta Durango/Silverton/Durango sul treno a vapore, che
sogno almeno dal mio mancato viaggio di nozze del 2006
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