28/07/2015 - San Francisco - La versione di Barbara

MARTEDI’ 28 LUGLIO 2015 – THE CITY BY THE BAY

  Cita
Frase del giorno: MA SI, POI GIRA!


Sveglia alle cinque sì, ma restiamo a cincischiare e scendiamo verso le sette a colazione. Anche perché prima non la servono : caffè americano, espresso (si, insomma … più o meno, dai), muffins, danish pastries, cinnamon rolls, paste alla mandorla, mele ... ovviamente nei quattro giorni di permanenza abbiamo assaggiato tutto tranne la frutta perché fa bene. Unica pecca, i posti a sedere sono veramente pochi per un hotel di dimensioni medie, ma non importa, noi ci si colaziona anche in piedi, basta magnà!






Passiamo subito da Walgreens per i Muni Pass, per scoprire che la postazione dedicata aprirà solo alle otto, così ce ne andiamo a bighellonare di nuovo a Union Square. Ovviamente una volta conquistati gli abbonamenti sbagliamo a grattare le date sul primo - per noi misteriosamente è già agosto - il che, insieme ai miei patetici tentativi di coprire il Munisbagliato con il Munigiusto, ci varrà la compassione di tutti i conducenti di cable car che incontreremo . Ma tanto abbiamo la faccina da bravi ragazzi, e non ci sgrida nessuno. Paolo mi comunica che dobbiamo prendere il 30 direzione sud per andare verso nord … perplessa io. MA SI, POI GIRA! dice lui, e io docile come sempre – ehm - mi adeguo. Scopro che sugli autobus la fermata non si chiama a bottone come a Verona ma tirando il cordino deliziosamente antiquato che corre per tutta la lunghezza del mezzo e vado in estasi, restandoci fino a … “Pandino, ma lì c’è scritto Mission … non dovevamo andare a nord?”





Scendiamo, io rido e Paolo brontola e ride, cercando la fermata direzione nord passiamo davanti alla sede del San Francisco Cronichle, che mi fa venire subito in mente il Papersera (in originale appunto Chronicle)





poi senza sapere bene come ci troviamo agli Yerba Buena Gardens e si conferma la mia teoria: non esiste la strada sbagliata, esistono nuove scoperte: se non avessimo preso quell’autobus ci saremmo persi una splendida scenetta, così quotidiana e insieme così surreale per me italianina di provincia … bellissimi e rasserenanti questi vecchietti!




















Momento di tenerezza alla fermata dell'autobus ...







Alla fine riprendiamo il 30, stavolta dalla parte giusta , e passiamo per la Chinatown, della quale mi innamoro immediatamente e totalmente già dai finestrini e a cui decidiamo subito di dedicare un po’ di tempo nei prossimi giorni. Ultimi passeggeri rimasti, l’autista ci scarica senza tanti complimenti in zona Marina District, vicino a Fort Mason … un bel po’ prima di quanto avessimo previsto. E di nuovo, bella sorpresa: insolita vista sulla baia e sul Golden Gate baciato dal sole, e inattesa, lunghissima e bellissima passeggiata dal Forte, attraverso le deliziose villette di una via residenziale di Presidio fino al Palace of Fine Arts, e poi verso la Lucas Film, dove Paolo cade in deliquio davanti a Yoda e a Darth Vader, e mi fa da modello per il book più sgangherato della storia


























Da qui ripartiamo in direzione Golden Gate (in totale, dalla fermata del bus faremo più di sei chilometri) fermandoci anche al Walt Disney Family Museum, il cui giorno di chiusura cade il martedì. Indovinate un po’ che giorno è oggi? indovinato . Ma non ci facciamo abbattere per così poco e riprendiamo la passeggiata che ci porta anche a costeggiare un enorme, bellissimo cimitero militare, che mi ricorda quelli di Normandia e non manca di lasciarmi con il cuore stretto. Troppe tombe di ventenni del D-Day ho visto per non pensare che sotto quelle lapidi bianche e ordinate con vista sulla baia riposano di sicuro cuori così giovani che proprio non dovrebbero stare lì.
… si è fatta ormai l’una quando arriviamo alla spiaggia, e io con un filino di voce comunico al mio eroe che “se non troviamo da mangiare sotto il ponte, io svengo, sallo”. Per (sua) fortuna invece c’è un locale che mi rifocilla con un enorme e buonissimo club sandwich: riprese le forze e fatta anche la pipì – ricordate, si? mi devi tenere mangiata e pisciata se vuoi che stia buona - ci dedichiamo al ponte ed ai gabbiani, fotografando la qualunque dell’uno e degli altri









e poi raggiungiamo il Fort Point, giusto sotto la prima arcata della Porta Dorata … come resistere vedendolo aperto e per di più free? daremo comunque un contributo alla cassettina della raccolta fondi, ci piace l’idea che questi posti rimangano fruibili a tutti … in questo, l’Italia ne ha da imparare, purtroppo.
Ci giriamo per bene tutti i tre piani e ci facciamo travolgere dal vento e dalle emozioni sul tetto, godendoci la vista delle arcate rosse e dell’oceano fino all’ultimo istante … poi scendiamo e Paolo, preso da travolgenti rimembranze cinematografiche, si lancia nel tentativo di (farmi) riprodurre la scena di Vertigo – in Italia, La donna che visse due volte – in cui Kim Novak tenta il suicidio gettandosi nelle acque della baia proprio da questo punto alla base del forte. Dai, facciamo una scena da film! Tranquilla, ti salvo io, come James Stewart . Incomprensibilmente, la dispettosa e insolente sottoscritta recalcitra e rifiuta e propone piuttosto di passare al western che pure qui c’entra come il più classico dei cavoli a merenda: Pand Eastwood!






Dando fondo a tutte le nostre energie da bradipi narcolettici affrontiamo poi la salita fino al viewpoint classico, che ci regala scorci di inaspettata bellezza (e la scusa delle foto per fermarci a prendere fiato). Il Golden Gate ci guarda, maestoso e magnifico e leggerissimo nel sole di una giornata spettacolare, sullo sfondo di un cielo così blu da dare quasi fastidio





Di nuovo in autobus, questa volta giusto ci dirigiamo verso Alamo Square e le Painted Ladies … ci concediamo un po’ di relax al parco, e io scopro con sconcerto di essermi scottata. Bon, sono ancora più sexy del solito con il naso a peperoncino e la striscia della tracolla della reflex sulla parte sinistra della scollatura. E giù risate.









Abbiamo macinato un sacco di chilometri, ma non siamo sazi per nulla: via attraverso Panhandle in direzione di Haight Ashbury, nome che mi evoca reminiscenze letterarie, ancora impregnato di cultura hippy e di richiami alla Summer of Love, che Paolo non manca mai di ricordarmi essere quella del suo anno di nascita … prima di tutto, birretta ristoratrice al banco del primo pub che incrociamo: il ragazzo gentilissimo alla nostra richiesta circa le birre locali prima di mescere ce le fa assaggiare. Paolo prova a tentarmi con la root beer, almeno per un assaggio da seconda possibilità, ma a me il colluttorio proprio non piace . Mi piacciono invece questi americani, sono sempre disponibili e spesso anche sorridenti.








Haight Ashbury, così pazza ed improbabile e un po’ fasulla ci è piaciuta un sacco, io sono persino entrata nei negozi senza farmi tirare per la cavezza tipo mulo come al solito. Pure in un supermercato – quelli li adoro – dove abbiamo toccato TUTTO e comprato NIENTE. Italiani, tsé.






Ci siamo goduti per un po’ la varia umanità, poi abbiamo concluso che le 18, per due in giro dalle 7, erano un orario adeguato per tornare in hotel a darci una sistemata. Prima l’autobus fino a Market Street, e poi il mio primo cable car, appesi fuori sul predellino per ben due fermate. Farla a piedi dite? che siamo matti? è in salita! E per cena? Sushi Toni, la porta a fianco al Grant: già adocchiato dall’Italia per il nome esilarante, una volta visto nella realtà è risultato adeguatamente “lurido” e non vediamo l’ora di provarlo. Missione compiuta con enorme soddisfazione, una cena deliziosa ad un prezzo abbastanza onesto, seguita da una seduta di “prendi il cavalletto che facciamo un po’ di prove di foto in notturna” a Union Square … si, perché in questo primo viaggio con la reflex ho la fortuna di avere accanto un prof pazientissimo e davvero bravo. Sono fermamente decisa a diventarlo anch’io, prima o poi. Brava, non pazientissima, ovviamente … gnà posso fa, son nata strega


Commenti

Post più popolari