17 gennaio 2019 - Tokyo Italia

Giovedì 17 gennaio 2019

 

Nonostante la(mia, vergognosa) ciucca, ieri sera siamo riusciti a comprare la colazione in un kombini, e alle 8.30 siamo già per le vie di Tokyo a fare l'ultima passeggiata giapponese. Facciamo un salto a Yanaka Ginza, la cat street che abbiamo trascurato per l'allarme obiettivo a inizio vacanza, preferendole l'acquisto di un kit pulizia lenti di emergenza da Yodobashi Camera. 

E' presto, la maggior parte dei negozi è chiusa, non abbiamo portato la macchina fotografica, non abbiamo grandi attese ... la passeggiata sotto il cielo allegramente blu è piacevole, ci prendiamo anche un caffé e un ultimo dolcino, coccoliamo un micio che si crogiola al sole ... prima delle dieci erò siamo di nuovo in hotel, sia per risolvere - forse - il problema della valigia, sia soprattutto per non perdere lo Skytrain delle undici. 

L'omino della Yamato è già arrivato, e in un duetto perfettamente orchestrato con il nostro receptionist del cuore ci esprime tutta la sua desolazione, il suo sconcerto, il suo rammarico, il suo rincrescimento, il desiderio di rendersi utile, il dispiacere per averci condotti in cotante ambasce. E tutto spiccicare una singola parola. Eh già: anche lui, come il solerte receptionist, parla solo la lingua materna, a noi tapini ignota ed ostile. 

Ma alla fine, tra un'espressione addolorata e una travagliata, il genio all'improvviso: e dopo un rapido conciliabolo, i due videochiamano la sede centrale, ufficio reclami. Un'impiegata che parla finalmente un ottimo e comprensibile inglese spiega a Paolo che stanno cercando di risolvere, ma quando le spieghiamo che il nostro aereo parte tra poco ci dice candidamente che fuori Giappone non possono rimborsarci. Io sono mediamente filosofa, ci sono abituata, il mio eroe un pochino meno, con una certa veemenza fa presente che abbiamo un conto corrente dotato di IBAN e codice SWIFT, che abbiamo paypal, carte di credito ... e insomma, un attimo di pazienza signori, tra poco arriva la responsabile a vedere di persona, vedrete che risolviamo. 

Il tempo di riagganciare e la responsabile, all'apparenza dodicenne, è già lì. A sua volta ci esprime la sua desolazione, il suo sconcerto, il suo rammarico, il suo rincrescimento, il desiderio di rendersi utile, il dispiacere per averci condotti in cotante ambasce. Anche lei con il linguaggio dei segni, purtroppo. 

Poi però si mette a cercare la marca e il modello della valigia sul cellulare, Paolo sale sul cavallo bianco (per fortuna non ha tempo di cambiarsi quindi niente calzamaglia azzurra) e corre in soccorso della contrita donzella mostrandole l'ordine su Amazon, visto che ci dice culo e l'abbiamo presa online. La ragazza riesce a trasmetterci la sua confusione e la sua disperazione: ...ma il prezzo è in euro! Il mio prode pandone scende rapidamente dal cavallo bianco e si produce in un romanissimo "graziearcaxxo, l'ho comprata in Italia" che alla fanciulla suona convincente perché si fionda sul convertitore di valuta. Paolo la precede e cavallerescamente le mostra il conto: 12800 yen e spicci. 

Senza fare una piega, la fanciulla fotografa il nostro ordine dal cellulare di Paolo, la conversione di valuta dal cellulare di Paolo, la nostra espressione sconvolta direttamente dal vivo, estrae il portafogli e ci consegna 12800 yen e spicci in cambio di una firma su un foglio bianco. 

La nostra idea era di chiedere il rimborso della spedizione da Kyoto a Tokyo, una dozzina di euro. Il danno dopotutto poteva essere imputabile tanto a loro quanto al personale di uno dei due hotel, non abbiamo idea di come sia successo e nessuna prova. Per quel che ne sapevano loro, potevamo avere semplicemente voglia di cambiare valigia, ormai decisamente vissuta dopo quattro anni di pandeggiamento in giro per il mondo, e aver prodotto noi il danno. E invece, si sono fidati della nostra parola e ci hanno risarcito sull'unghia fino all'ultimo centesimo del prezzo di acquisto. 

A sei mesi di distanza, non ci siamo ancora ripresi.

Questo episodio è rimasto tra i più emblematici della nostra esperienza nell'impero del Sol Levante, simbolo della correttezza, della buona fede e dell'efficienza di un popolo che ci ha sorpresi più volte e sempre in positivo. 

Una volta tornati in Italia e metabolizzato il viaggio, ci siamo trovati d'accordo: 

1) i Giapponesi sono un popolo meraviglioso e gentile dall'aria poeticamente e perennemente infelice
2) è praticamente impossibile capire guardandoti intorno in quale parte del Giappone ti trovi, in qualunque momento, a meno di essere davanti a uno specifico monumento a te noto
3) vogliamo una dittatura giapponese alle municipalizzate di Roma
4) se mangi sashimi a Tokyo (Kamakura, Kyoto, Kanazawa) puoi dire addio alle tue felici abbuffate ayce, non ce la farai mai più. Al limite potrai pensare di investire metà del tuo stipendio per un'uscita al Sushisen - per i non romani, un posto paradisiaco a Piramide. Il paradiso costa, sapevatelo. 
5) non ci siamo riusciti a lasciare qui il cuore tutto intero, abbiamo seminato qualche pezzetto qua e là, tra Shirakawago, Himeji e Myiajima, ma l'amore prepotente che la parola Africa - o anche Vecchia Inghilterra - suscita in noi non è la stessa cosa
6) è un viaggio che va fatto, un mondo così altro da noi che per un viaggiatore è come aprire una porta magica
7) NON E' UN PAESE PER PANDA!


... al prossimo viaggio! Sayonara Nihon 💓









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