31 marzo 2017

Venerdì 31 marzo 2017

Dopo una colazione assai poco commovente (se la facciamo in hotel è quasi sempre la parte più faticosa delle mie giornate americane, quella che riesce a farmi diventare lamentina), sotto uno splendido sole ci avviamo alla volta di Mobile, per visitare la USS Alabama e il sottomarino Drum ancorato proprio accanto, più piccolo del Pampanito di San Francisco ma altrettanto interessante. 

La USS Alabama è una delle corazzate che hanno servito durante la Seconda Guerra Mondiale, se ben ricordo nel Pacifico. Della nostra passione per la storia ormai sapete, questa ennesima visita al patrimonio militare dismesso ci coinvolge e ci interessa, a Paolo per tutto quel che è tecnico, a me più per il lato umano … qualche mese dopo questo aspetto lo troverò ancora più soddisfacente visitando la HMS Belfast a Londra, ma anche qui la vita quotidiana dell’equipaggio, gli spazi in cui notti e giornate venivano trascorse, i vari settori di attività dall’infermeria alle cucine alla lavanderia sono molto ben raccontati.
































Trovo splendida questa capacità tutta anglosassone di tirare fuori centri di interesse, di attività e fonti di posti di lavoro da ciò che in altri paesi facilmente diventa ferraglia da dismettere: solo in Usa ho visto la Jeremiah O’Brien a San Francisco, la Alabama, la Intrepid a New York, so che un’altra Classe Liberty è a Baltimora, ho in lista la Midway a San Diego e ancora non me ne sono annoiata. La capacità di rendere la visita interessante anche a una profana come me è indiscutibile, e ogni volta resto colpita dal fatto che ci sono un sacco di famiglie con bambini, che se la godono nonostante la relativa scomodità della visita, tra scalette e corridoi angusti. 

Dopo aver rimpolpato per bene la mia collezione di lividi su tutti i gradini in ferro che incontro, e sono tanti, e dopo aver spedito Paolo da solo nella sala macchine (la mia agilità elefantina è entrata in sciopero alla vista della fragile struttura verticale – chiamarla scala è un insulto alle scale – che avrebbe dovuto portarmi giù), dopo non meno di tre ore ci decidiamo a lasciare l’USS Alabama Battleship Memorial Park: volendo sarebbe possibile fermarsi più a lungo, ci sono anche velivoli d’epoca e varie sezioni museali.






















Oggi si esplora l’Alabama: prima tappa, Bayou-la-Batre, città natale dell’indimenticato Bubba … naturalmente ben prima di raggiungerla ho fame e mi scappa la pipì, quindi appena intono l’ennesimo “canto dello sconforto” Paolo si butta a sinistra nel parcheggio di uno dei luridi più meravigliosamente luridi dei nostri viaggi insieme: è una specie di cooperativa di pescatori con qualche tavolo, le tovaglie cerate e unte rigorosamente a quadretti bianchi e rossi, un menu stringato ma interessante. Facciamo conoscenza di crab cake e po’ boy con i gamberi, innamorandoci del secondo che è veramente delizioso: il nome deriva dalla contrazione di poor boy, veniva chiamato così il pasto dei garzoni dei pescatori che intingevano il pane nella zuppa di avanzi di pesce per insaporirlo. Ovviamente oggi lo stile e il ripieno sono migliorati, ma indubbiamente il pane pucciato nel sughetto resta una faccenda di una golosità unica.








Naturalmente ci recitiamo a vicenda tutta la storia de “il gambero è un frutto del mare, te lo puoi fare sia arrosto, bollito, grigliato, al forno, saltato, c'è lo spiedino di gamberi, gamberi con cipolle ... zuppa di gamberi, gamberi fritti in padella, con la pastella, a bagnomaria, gamberi con le patate, gamberi al limone, gamberi strapazzati, gamberi al pepe ... minestra di gamberi, stufato di gamberi, gamberi all'insalata, gamberi e patatine, polpette di gamberi, tramezzini coi gamberi ... e questo è tutto mi pare” … e altrettanto naturalmente, un paio di domeniche dopo il nostro rientro dalla Florida sono stati rinvenuti in quel di Roma due panda abbracciati e singhiozzanti sul divano mentre in TV Forrest dice a Jenny “Sei morta un sabato mattina. E ti ho fatto mettere qui, sotto il nostro albero. E ho preso la casa di tuo padre e l'ho fatta abbattere. Mamma diceva sempre che morire fa parte della vita. Magari non fosse così …” … e sì, ho gli occhi lucidi anche adesso.
Li ho lucidi anche perché ho fatto di recente una terribile scoperta: il meraviglioso Louisiana Shrimp Fry che abbiamo comprato insieme al Bay Seasoning, e conservato gelosamente per mesi centellinando le fritture, è introvabile in Italia e nessun sito di vendita online lo propone per la spedizione internazionale. Orribilmente soffro, sto progettando una spedizione alla casa madre di Tuscaloosa per farne debita scorta, ma intanto soffro ^^
Una volta “mangiata e pisciata” la padrona, il mio schiavo si rimette alla guida e prosegue tranquillo fino a quando uno strillo inumano lacera l’aria: TENENTE DAAAAAAAAAAAN! … ebbene sì, sono convinta di aver visto alla mia destra il molo su cui un fighissimo Gary Sinise in versione pirata a quattro ruote aspetta Forrest di ritorno da una infruttuosa battuta di pesca e gli si offre come secondo. Rivedendo il film non sono più così convinta di aver trovato il posto giusto, ma sul momento ci diventiamo scemi entrambi … ci basta poco per essere felici, fortunati noi.
















Cominciamo qui a fare conoscenza con il famoso "Profondo Sud" che tanto mi affascina da quando ho letto per la prima volta Via col vento da ragazzina, per passare poi a Mark Twain Grisham e in seguito alla letteratura con Carson McCullers, Faulkner, i vari Pulitzer, da Il colore viola, a La figlia dell'ottimista, Il buio oltre la siepe. Tanto mi affascina quanto, ora che sono qui un pochino mi ripugna: ben presto inizio a sentirmi a disagio per il numero di perentorie pubblicità che nel nome di Gesù mi esortano a pentirmi, mi promettono le fiamme dell'inferno per la qualunque, mi invitano a tenere il mio bambino e a smettere di peccare ... un disagio che raggiunge l'apice quando accanto alla chiesa di Bayou-la-Batre troviamo il monumento alle Vittime dell'Aborto. Questo modo di criminalizzare sempre e solo le donne, di ordinare agli altri come vivere la loro vita ... a me non piace. Non apprezzo particolarmente neanche la presenza di dieci chiese ogni quattro case, a Paolo che mi fa notare che da queste parti non deve esserci moltissimo d'altro da fare nel tempo libero rispondo che sono pressoché certa che la TV sia arrivata anche qui. Non ho nulla contro la religione, ma se diventa minaccia mi sento toccata nella mia libertà. Del resto questa zona è stata un serbatoio di voti per Donald Trump, che di libertà, apertura, cultura e progresso non fa esattamente la sua bandiera, sono sicura che la prima cosa che noterete nella foto qui sotto è l'adesivo a lui inneggiante :D











Nel tratto fino a Dauphin Island e poi da Fort Morgan (in mezzo c’è un traghetto e ci divertiamo come bambini, nonostante la mia gigantesca e dolorosa scottatura sul decolleté, visto che ho sottovalutato vento e sole) ci perdiamo in mille soste foto: questa zona, con le abitazioni sui trampoli, le spiagge grandi, l’aria da stazione balneare in disuso e le case che sembrano uscite dai quadri di Hopper ci affascina e ci piace moltissimo. 































Dopo lo sbarco ci regaliamo anche una rapida visita ai resti ben conservati di Fort Morgan, è in chiusura ma qualcosa riusciamo a vedere lo stesso, quando poi ci cacciano ripieghiamo sul Bon Sejour Wildlife Refuge dove ci siamo segnati il Gator Trail: peccato che di alligatori non ci sia l’ombra, niente coccodrillo a cena neanche oggi, uffa! Ci consoliamo con la sabbia bianchissima e la luce meravigliosa che accende di sole questa breve passeggiata.




 
























































Tra una sosta e una foto si è fatto tardi e il traffico non è nostro amico, ci perdiamo il tramonto programmato sulla spiaggia … quando ormai il sole sta per lasciarci parcheggiamo alla cavolo sotto i primi alberi che troviamo e corriamo come pazzi verso la riva, inseguiti – per fortuna dall’altra parte di una rete robusta – da un cagnone incazzatissimo contro il quale dopo un po’ mi esibisco in un belluino “E piantala di rompere, caxxo” che inaspettatamente sortisce subito effetto. Il povero cagnone è ancora in cura per la depressione e noi abbiamo le nostre foto, non quelle che volevamo ma ce le facciamo piacere comunque.













Per cena visto che ce la possiamo prendere più calma di ieri optiamo per il recensitissimo Broudeaux Cajun che non ci delude: ottimi crawfish stufati e … finalmente, finalmente! bocconcini di alligatore alla brace: li ho adorati e ho bissato, anche nei giorni successivi. Sono ufficialmente una brutta persona ^^

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